ROMA – E’ di pochi giorni fa, nell’ambito della Giornata nazionale di prevenzione allo spreco alimentare, la presentazione dei dati dell’Osservatorio della Gdo (Grande distribuzione organizzata) coordinato da Silvio Franco e Clara Cicatiello del Dipartimento di economia, ingegneria, società e impresa dell’Università della Tuscia di Viterbo. Un’indagine molto vasta che ha visto impegnate, oltre a quella di Viterbo, altre tre Università (Bologna, Udine e Politecnico di Milano) e che, per la prima volta in Italia, ha prodotto i dati reali sullo spreco alimentare a livello domestico, della grande distribuzione organizzata e delle mense scolastiche.
L’analisi, che ha monitorato 16 esercizi commerciali, fra supermercati (13) e ipermercati (3), quantifica in 9,5 kg annui al mq il livello di spreco degli iper e in 18,8 quello dei super. “Il 35% di questo spreco – riferisce Adn Kronos – potrebbe essere recuperato a scopo di alimentazione umana. In termini economici, l’incidenza dello spreco alimentare sul fatturato dei punti vendita è sotto l’1% per gli ipermercati e di circa l’1,4% per i supermercati”.
Tutto sommato il peso della Gdo è contenuto. Secondo Food Sustainability Index – veicolo di rilevazione creato da Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn) e da The Economist Intelligence Unit e basato su 34 nazioni – ogni italiano getta infatti nella spazzatura 145 kg di cibo all’anno.
Nella classifica delle nazioni più attive contro lo spreco l’Italia si piazza al quarto posto. Il merito, spiega Bcfn, è delle politiche messe in campo per ridurre gli sprechi a livello industriale, come avvenuto con la Legge Gadda che, semplificando le procedure per le donazioni degli invenduti e puntando al recupero di cibo da donare alle persone più povere del nostro Paese, ha fatto da volano al miglioramento generale del Paese.
I dati dell’Index evidenziano che in Italia è stata la filiera alimentare a compiere i maggiori passi in avanti in questa battaglia. Infatti, confrontando l’indice 2016 con quello del 2017, alla voce “Cibo sprecato (% della produzione alimentare totale del Paese)” – riferito alla filiera alimentare e non al consumo domestico – si è passati dal 3,58% del cibo gettato rispetto a quello prodotto, al 2,3% del 2017. Performance che ha permesso di superare nazioni come Germania e Giappone. L’indagine condotta dal gruppo della Tuscia ha mostrato come circa un terzo dello spreco alimentare della grande distribuzione consista in cibo intatto, che può essere riutilizzato per il consumo umano tramite la donazione a enti che si occupano di assistenza alimentare, come succede quotidianamente in iniziative già in corso anche nel territorio viterbese.
Ma non basta, c’è ancora molto da fare, specie nella lotta allo spreco domestico: i 145 kg gettati corrispondo a 1.000 mele piccole (da 150 g ognuna) o a 1.500 piatti di pasta (da 1 etto circa) o a poco meno di 750 confezioni di legumi in barattolo (considerando quelli da 200 g), molto più di quanto potrebbe consumare in media in 1 anno una famiglia di 3 persone.
“Pensando all’Italia – commenta Luca Virginio, vice presidente di Bcfn. – se gli interventi messi in atto hanno permesso a industria e grande distribuzione di compiere passi importanti per migliorare la situazione, a noi cittadini resta ancora un ruolo cruciale. Oggi in Europa circa il 42% di quello che compriamo finisce nella spazzatura, perché andato a male o scaduto prima di essere consumato, quindi è facile capire che quello che serve è un cambiamento culturale”.
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