MILANO – Basterebbe una chiave per aprire il cuore e lasciare che i segreti e i pensieri più intimi possano essere rivelati e confidati, magari proprio nella notte di Natale. A realizzare una chiave d’eccellenza è l’artista italo-albanese, Alfred Mirashi, in arte Milot. Nasce il 29 agosto 1969, appunto a Milot nel nord dell’Albania, nel distretto di Kurbin, una località non lontana dal mare, dal clima mite. Primo di cinque fratelli, di cui quattro maschi e una femmina, proveniva da una famiglia d’exkulak albanesi, i suoi antenati, infatti, erano grandi proprietari terrieri e per questa ragione temeva delle ritorsioni dei comunisti. Il padre di Alfred faceva l’imbianchino e la madre, la maglierista: ricamava infatti abiti e corredi per matrimoni e altre occasioni. Proprio l’osservazione degli abiti tradizionali indossati durante le ricorrenze nazionali e nelle feste di villaggio, congiunta alla visione degli sgargianti colori, rosso, turchese, blu, oro, verde, e delle innumerevoli figure geometriche ornamentali, fece nascere in lui la passione per il disegno.
Allora, armato di un quaderno e una matita, faceva schizzi ai familiari. Milot arrivò in Italia da profugo, approdando a Brindisi il 6 marzo del 1991 assieme ai connazionali salpati da Durazzo. Trovò calore e umanità a Cervinara, in Irpinia, di cui oggi è cittadino onorario. Ama l’Italia ed è colpito dall’arte, in particolare dalla visione dal vivo delle opere di Caravaggio e altri artisti napoletani. Pur trovandosi bene, ma nutrendo fortemente il desiderio di frequentare l’accademia di belle arti, abbandona Napoli e si stabilisce a Firenze, dove è operaio in una fabbrica di tessuti a Prato. Lì entra a stretto contatto con l’arte rinascimentale. Osserva con attenzione i capolavori conservati al Museo degli Uffizi: Michelangelo, Botticelli, Raffaello, Leonardo, Caravaggio, la cui conoscenza entra a far parte della sua memoria pittorica, così come le architetture, le piazze “a misura d’uomo”, le statue…
Ma anche lì intuisce che il tipo di vita condotta non risponde alle sue reali attese. Nel 1995 parte e si iscrive all’Accademia di Brera a Milano. Con qualche soldo messo da parte negli anni precedenti e mantenendosi facendo lavori saltuari, intende acquisire una buona formazione. Quelli milanesi sono anni d’accanito lavoro, d’osservazione e studio, indispensabili ad un pittore. Segue soprattutto docenti come Alberto Ghinzani, Mino Ceretti e Francesco Poli, rispettivamente scultore, pittore e critico d’arte. Durante questi anni si rivela di grande aiuto il sostegno economico del fratello Drinush e della consorte Zerina. Nel 1997, gli sono ordinati dei ritratti da esporre durante la presentazione della collezione della stilista Laura Biagiotti. Carriera artistica che lo vuole, in mostre personali o in collettive, in tutt’Italia e in giro per il mondo.
Nel 2017 realizza una gigantesca ‘chiave’, una scultura che dona a Cervinara e che racconta di accoglienza e riconoscenza. La sua opera d’arte è una gigantesca chiave a forma di U alta 20 metri e pesante 40 quintali e campeggia all’ingresso dalla cittadina irpina. “Perchè – spiega Milot – una chiave va utilizzata una volta sola per aprire porte e cuori. Dopodiché va piegata affinché non serva più a richiudere ciò che ha aperto”. Le sue opere hanno tutte come protagonista una chiave, simbolo di apertura totale che l’arte può portare come messaggio per la cultura, ma soprattutto per le diverse culture, azzerando i confini creati degli uomini. Senza però mai dimenticare la generosità della gente di Cervinara. “E senza mai cancellare il mio passato – spiega, citando Oscar Wilde – perché nel bene o nel male mi ha reso quello che sono oggi”.
Autenticità, semplicità e passione: caratteristiche che fanno di Alfred Mirash, un artista amato e che insegnano la vera essenza dell’arte.
Claudia Gaetani
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