Vladimir Komarov era un cosmonauta sovietico famoso per aver perso la vita in tragiche condizioni durante il suo primo volo. Ufficialmente fu il primo essere umano ad essere deceduto in una missione spaziale. Nacque a Mosca il 16 marzo 1927, frequentò la scuola speciale di Mosca per l’aeronautica sovietica per poi entrare in Accademia nel 1959. Conclusi i suoi studi presso l’Accademia moscovita, divenne ingegnere dell’aeronautica. Venne selezionato per diventare un’astronauta nel 1960 e partecipò alla sua prima missione con la Voskhod 1 che lo avrebbe portato per la prima volta in orbita. L’ equipaggio era composto da un comandante, Komarov, da un ingegnere e da uno scienziato. In quegli anni la Russia era nel pieno della corsa alla conquista dello spazio e combatteva una guerra tecnologica invisibile contro gli Stati Uniti. I Russi erano avvantaggiati rispetto ai loro avversari Americani, avevano lanciato il primo satellite artificiale nel 1957 e avevano mandato per primi un uomo nello spazio attorno alla Terra. Anche gli Statunitensi avevano fatto passi da gigante con i loro programmi spaziali e non restavano mai troppo indietro rispetto ai Sovietici. I vertici del potere moscovita pretendevano grossi risultati dal lavoro degli ingegneri e dei cosmonauti russi e il loro programma spaziale era visto come un grandissimo strumento di propaganda. L’accelerazione quanto mai insensata del programma spaziale a cui avrebbe dovuto partecipare Vladimir Komarov fu la reale causa della tragedia. In occasione di una conferenza inter comunista in Cecoslovacchia e della festa dei lavoratori, il nuovo capo del governo russo richiese ai suoi uomini un successo schiacciante per il programma spaziale, offendendo un ricongiungimento in orbita tra due navicelle lanciate in momenti differenti: la Soyuz-1 e la Soyuz-2. Sarebbe stato un altro grande primato per la Russia comunista. Il lancio fu programmato per il 23 aprile del 1967 e Komarov venne scelto come pilota della prima navicella spaziale. Era noto a tutti che il razzo presentava ben 203 segnalazioni gravi per problemi strutturali e che non poteva essere in condizioni di essere lanciato, ma le autorità sovietiche obbligarono il team a procedere alla partenza. Komarov aveva rivelato di essere a conoscenza del fatto che quella missione avrebbe causato la sua morte ma non poteva rifiutarsi di salire quel razzo, come anche lui disse: “Non voglio mettere in pericolo gli eroi della Russia, se non partirò io stesso spetterà al mio migliore amico.” Nessuno fu in grado di cancellare quella missione senza salvezza. Komarov eseguì gli ordini e si trovò sulla rampa di lancio il giorno prefissato. Dopo aver salutato il suo amico e la moglie si imbarcò sulla capsula della soglia. All’inizio le cose sembravano andar bene, la nave partì, superò l’atmosfera terrestre ed entrò nell’orbita prevista dalla missione. Una volta nello spazio, però, la Soyuz fu vittima di numerose avarie. Uno dei due pannelli solari non si aprirono, coprendo gli strumenti di volo e impedendo al cosmonauta di condurre la nave. La capsula spaziale inoltre era sbilanciata e iniziò a roteare su sé stessa in maniera caotica e continua. Komarov fece di tutto per cercare di ridurre il danno. Arrivò persino a prendere a calci la parete di acciaio per cercare di vedere il pannello solare difettoso ma la situazione era disperata. Da Terra tentavano in tutti i modi possibili di aiutare l’uomo nello spazio ma anche la comunicazione era difficile. Dopo tutti questi problemi la missione venne annullata e venne dato l’ordine a Komarov di rientrare. L’ennesima varia del computer di bordo non permise però al pilota di fare una corretta manovra per inserirsi nel corridoio di rientro e un malfunzionamento del motore non dette modo alla nave di mantenere la giusta posizione per essere rallentata. Dalla Terra tentarono nuovamente di parlare con l’astronauta, ma le comunicazioni erano particolarmente disturbate. La Soyuz-1 rientrò in atmosfera ad una velocità elevatissima, il paracadute non si aprì e questo portò alla nave a schiantarsi al suolo ad una velocità di 40 miglia al secondo. La capsula prese fuoco e il corpo senza vita del cosmonauta finì carbonizzato tra i resti in fiamme della sua nave.