I bambini che hanno vissuto forme estreme di abbandono e deprivazione, sperimentano una riduzione del volume cerebrale visibile anche in età adulta e che apparentemente non guarisce
.
È quanto emerge da uno studio basato sulle scansioni cerebrali di decine di “orfani di Ceauşescu”, giovani adulti che trascorsero la prima parte dell’infanzia negli orfanotrofi sovraffollati e fatiscenti della Romania durante il regime comunista di Nicolae Ceauşescu.
Ma chi era
Nicolae Ceauşescu?
Fu un dittatore dell Romania, antifascista, nel dopoguerra ricoprì importanti incarichi di partito e di governo. Divenuto segretario generale del Partito comunista nel
1967 assunse la carica di presidente del Consiglio di stato e nel
1974 anche quella, allora istituita, di presidente della repubblica.
Instaurò un regime autoritario e personalistico, i cui aspetti dittatoriali si accentuarono negli anni Ottanta anche in relazione al peggioramento della situazione economica e alle conseguenti pesanti restrizioni imposte alla popolazione rumena.
Nel dicembre
1989 la popolazione si ribellò e scoppiò una violenta rivoluzione, nel corso della quale il dittatore e la moglie Elena, catturati mentre tentavano di fuggire, furono sottoposti a processo sommario, condannati a morte e fucilati (
25 dicembre).
Nicolae Ceausescu (1918-1989)
Fedele all’idea che vedeva nella crescita della popolazione una causa per lo sviluppo economico, nel 1966 Ceaușescu mise fuori legge l’aborto per le donne sotto i 42 anni che avessero meno di quattro figli.
Chiunque fosse senza prole fu condannato a pagare una tassa. La diffusione dell’AIDS crebbe esponenzialmente, così come il numero dei bambini non riconosciuti e abbandonati negli orfanotrofi.
Secondo alcune stime furono almeno 100 mila i bambini costretti a trascorrere mesi o anni in condizioni deprivate e di sofferenza. Studi precedenti si erano concentrati sulle loro difficoltà cognitive (in parte superate con l’età adulta) come sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), ansia e depressione.
Gli esami cerebrali dei ragazzi di età compresa tra i 23 e i 28 anni sono stati confrontati con quelli di 21 coetanei adottati all’interno del Regno Unito entro i sei mesi di età. I giovani del primo gruppo mostravano un volume cerebrale dell’8,6% inferiore rispetto a quelli del secondo gruppo. Ogni mese in più trascorso in condizioni di deprivazione estrema era collegato a una riduzione ulteriore di volume cerebrale di 3 cm cubi, un fenomeno che potrebbe spiegare parte dei disturbi cognitivi riscontrati negli studi passati.
Il dato forse più sorprendente è la durata di questo fenomeno nel tempo, nonostante le cure e le attenzioni ricevute dalle famiglie adottive. Oltre alla riduzione generale del volume del cervello, il primo e il secondo gruppo hanno mostrato differenze strutturali in tre regioni cerebrali, collegate all’organizzazione, alla motivazione e all’integrazione tra informazioni e memoria.
Anche se lo studio non può provare con certezza che la deprivazione dei bisogni fondamentali durante l’infanzia porti a una riduzione del volume cerebrale, ciò è comunque assai probabile: meccanismi come l’assenza di esperienze fondamentali per lo sviluppo cerebrale o lo stress cronico potrebbero in parte spiegare questo fenomeno. Altri fattori come la genetica, lo sviluppo durante la gravidanza, o la sola malnutrizione non bastano invece a spiegare questo fenomeno.
Chi ha avuto un’infanzia difficile si porta dentro tanto dolore, tanta rabbia e tante “questioni irrisolte”.
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