Una stanza tutta per sé – Virginia Woolf
Recensione di Matilde Colletto 3 B –
<< Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell’uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali. Senza quel potere la terra forse sarebbe ancora tutta giungla e paludi. Le glorie di tutte le nostre guerre sarebbero sconosciute. Staremmo ancora a graffiare la sagoma di un cervo sui resti di ossa di montone e a barattare selci con pelli di pecora o con qualsiasi semplice ornamento attraesse il nostro gusto non sofisticato. Non sarebbero mai esistiti Superuomini né Figli del Destino. Lo Zar o il Kaiser non avrebbero mai portato corone sul capo né le avrebbero perdute. Quale che sia l’uso che se ne fa nelle società civili, gli specchi sono indispensabili a ogni azione violenta ed eroica.>>
Come afferma la Woolf, la donna, nel corso del tempo, ha assunto la sembianza immaginifica di uno specchio dal valore essenziale, affinchè gli uomini potessero riflettervi la loro immagine sproporzionatamente accresciuta fino a due volte la loro taglia così da sentirsi potenti, superiori e capaci di qualunque cosa. Ciò che l’autrice compì, dal momento che l’avevano invitata a tenere due conferenze sul tema Le donne e il romanzo, con cui non fece altro che esporre, di fatto, il suo punto di vista in merito, è riconosciuto come straordinario, una vera e propria testimonianza sulla condizione femminile dalle origini ai nostri giorni, che ripercorre il rapporto donna-scrittura a partire dall’osservazione di una secolare esclusione attraverso la doppia lente del rigore storico e della passione per la letteratura. Secondo l’opinione, elaborata sul motivo per cui non ci è dato capire come mai la donna e la sua creatività siano sempre state quasi limitate nella libera espressione delle idee e nella produzione letteraria a reprimere i tentativi e i desideri di realizzazione personale, la donna per scrivere ha bisogno di denaro e di una stanza tutta per sé. I ragionamenti pungenti che l’hanno indotta a raccogliere in maniera sistematica le molte riflessioni sull’universo femminile, sono frutto di una coscienziosa ricerca della verità, del << puro fluido>> innegabile della schietta realtà che ha accompagnato il fenomeno di emarginazione della poetica femminile da sempre. Nelle conferenze, cui prese parte, raccontò inizialmente quale fosse il significato assegnato a quelle parole che avevano definito gli incontri, grazie ai quali ci è offerto oggi un prezioso retaggio di brillanti pensieri condivisi da parte della Woolf, che considererà, nonostante tutto, il problema “donne e romanzo” come argomento controverso e questione destinata a rimanere irrisolta e per cui si è sottratta al dovere di giungere a una conclusione.
Perchè mai una donna dal notevole genio sia stata perennemente ostacolata nell’espressione dell’opera narrativa, cucitale addosso, in quanto inconsciamente meditata e avvinghiata alla sua vita? Perchè nella società dell’epoca in cui è vissuta, nella quale, al di là dell’aspirazione stessa di una donna (scrittrice, pittrice, attrice), e a prescindere dalla volontà sua contrapposta alla meschina insistenza maschile storicamente indisponente, sarebbe stata derisa, forse temuta? Scorre nel nostro sangue l’Anonimato che ha probabilmente nascosto l’origine intellettiva di una qualche opera così importante, della quale non conosciamo la mente di provenienza che ne ha permesso la nascita, cosa che interessa, inoltre, la condizione e la storia dell’emancipazione femminile, che è certo una materia intrigante allo stesso modo in cui lo è uno degli interrogativi-cardine del libro, che ci concentra invece sulla ragione per cui un uomo, a differenza di una donna, debba avvertire l’irresistibile esigenza di dichiarare la sua superiorità rispetto all’altrettanta qualitativa preminenza di una donna, che lo porta quindi a sbarrarle la strada, a ridurre il suo successo, per riconfermare la sua inestinguibile vitalità che, ancora una volta, si specchia nel riflesso di Lei, concepita come una minaccia e una critica pretenziosa. Non è strano il fatto che, in tempi precedenti, chiunque avesse schernito una donna scrittrice ritenendola una << pedante con la mania di scribacchiare>>, sarebbe stato appoggiato da tutti (uomini e donne pure) per via di una credenza comune assai errata? Attualmente i libri scritti da donne e da uomini raggiungono un’equa numerosità, le donne non scrivono più soltanto romanzi, ma orientano la loro produzione verso un’incredibile varietà di argomenti validi di cui fino a una generazione addietro una donna non avrebbe mai potuto discutere. E’ possibile che la lettura e le capacità critiche lungamente sottoposte ad ardue circostanze abbiano trasmesso alla donna più autorevole capacità di scelta e una viva sottigliezza, può darsi che la donna stia cominciando a servirsi della scrittura come di un’arte a essa ormai appartenente. Questi sono, nel complesso, alcuni tra i molteplici e stimolanti spunti di riflessione proposti da opinioni e fatti comunque attinenti al tema, ma che spaziano all’interno di una più vasta area di interessi e di intricati collegamenti abilmente tracciati: fra una nuda indagine scrupolosa e l’altra, immedesimandoci in personaggi-modello descritti nella loro misera condizione di documentata oppressione, ritrovandoci a vivere la vita di una non-Shakespeare per il solo fatto di essere donna, analizzando la visione poetica e artistica della donna e la sua evoluzione, ci ritroviamo alla fine a far tesoro della positiva conclusione che esalta la naturale inclinazione femminile all’anticonformismo, la loro bellezza e la potenza che miscelano all’autenticità, alla fantasia e alla passione, la loro più o meno drammatica completezza, il loro essere silenziose e al contempo caotiche nell’essenza unica che ogni donna possiede.
<<Vi ho già detto, nel corso della mia conferenza, che Shakespeare aveva una sorella; ma voi non cercatela nella biografia del poeta scritta da Sir Sidney Lee. Lei morì giovane, e ahimè non scrisse neanche una parola. E’ sepolta là dove oggi si fermano gli autobus, di fronte alla stazione di Elephant and Castle. Ora, è mia ferma convinzione che questa poetessa che non scrisse mai una parola e fu seppellita nei pressi di un incrocio, è ancora viva. Vive in voi, e in me, e in molte altre donne che non sono qui stasera perchè stanno lavando i piatti e mettendo a letto i bambini. Eppure lei è viva. Perchè i grandi poeti non muoiono; essi sono presenze che rimangono; hanno bisogno di un’opportunità per tornare in mezzo a noi in carne ed ossa. E offrirle questa opportunità, a me sembra, comincia a dipendere da voi. Poichè io credo che se vivremo ancora un altro secolo – e mi riferisco qui alla vita comune, che è poi la vita vera e non alle piccole vite isolate che viviamo come individui – e se riusciremo, ciascuna di noi, ad avere cinquecento sterline l’anno e una stanza tutta per sé; se prenderemo l’abitudine alla libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo… ; se guarderemo in faccia il fatto – perchè è un fatto – che non c’è neanche un braccio al quale appoggiarci ma che dobbiamo camminare da sole e dobbiamo entrare in rapporto con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora si presenterà l’opportunità, e quella poetessa morta, che era sorella di Shakespeare, riprenderà quel corpo che tante volte ha dovuto abbandonare.>>
L’esito finale della lettura non consiste nel soddisfare dubbi, bensì in quello di suscitarne altri, sollecitando la mente a continuare con il flusso di pensieri avviato sin dapprincipio dalla folgorazione rinnovatrice della singolarità di Virginia Woolf, una pioniera del femminismo.