di ANDREA ERMELLINO – Ormai il calcio non è più uno sport ma è lo spettacolo che ha sostituito il teatro, è oggetto di discussione tra amici, è pura rivalità. Non si può parlare più di calcio solo come uno sport, poiché è un fenomeno mediatico, è un business, è economia, è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo.
Il calcio è tanto stupendo quanto orribile e, come ogni altra cosa, ha lati positivi e negativi.
È parte integrante della nostra società, è sempre presente nella nostra vita, tra i banchi di scuola, a casa, sui social network. È un ‘pensiero fisso’ nella nostra mente.
Ciò che accade nel campo ha, poi, un effetto assurdo sull’umore delle persone che seguono questo sport, basti pensare alla recente eliminazione dai mondiali della nostra nazionale.
Il momento immediatamente successivo alla partita decisiva per la qualificazione è stato un vero e proprio periodo di ‘lutto’ per noi tifosi: al fischio finale ‘morì una parte di noi’.
Il calcio è parte di noi e causa sensazioni inspiegabili.
Dietro questo immenso spettacolo, però, si celano degli aspetti ben più grandi dello sport e
la pura rivalità sportiva è diventata quasi una lotta tra tifoserie diverse.
I diffusi messaggi razzisti dentro e fuori dal campo, la corruzione nelle società calcistiche e tanti altri messaggi non dovrebbero poi girare all’interno di questo particolare mondo che è il calcio e che è probabilmente il fenomeno sportivo, sociale ed economico più grande di tutti i tempi.
I calciatori dominano ormai il panorama televisivo, i grandi marchi dell’economia lottano per diventare sponsor delle società calcistiche, la pubblicità e la visibilità che i calciatori portano ai vari brand è immensa.
Il calcio è una macchina da soldi. Gli stadi sono diventati musei, vere e proprie cattedrali.
Il calcio insomma fa parte di noi, della nostra persona ed è perciò impossibile separarsi da esso.
Il calcio è una nuova cultura, è emozione, è fede.
Il calcio è la nostra ‘nuova religione’.