di Elena Carbutti – classe II sez. L
Chi l’avrebbe mai detto, eh? Nessuno, credo… cose del genere sono rare e improvvise, come un terremoto… Non si sa quando arriveranno o quando se ne andranno, quali saranno le loro conseguenze… Non si sa niente, è solo questione di tenersi pronti per ogni evenienza, ma noi non lo eravamo… Questa malattia ha sconvolto tutto, le nostre abitudini, la nostra vita, il nostro modo di essere, di pensare, ha mandato a rotoli tutte le nostre sicurezze, ha frammentato, smontato le nostre certezze… Ci ha messo di fronte ad una realtà, che ci eravamo sforzati di non vedere, che avevamo ignorato, calpestato, sottomesso, e che ora si sta prendendo la sua rivincita: non siamo onnipotenti o invincibili, ma solo supplici della Terra, della natura; non possiamo, né potremo mai avere un controllo assoluto sul mondo che ci circonda, qualcosa sfuggirà sempre a quella rete in cui abbiamo avvolto e stretto la Terra, comportandoci come suoi padroni e non come suoi ospiti, e questa situazione ce lo dimostra… ma forse è meglio così… Sapete, stando in casa, ci si rende conto di tante cose che si credevano scontate, a cui non si dava importanza: in primo luogo, della natura… Fino ad un po’ di tempo fa, che cos’era per noi la natura, il sole, l’acqua, l’erba, la spiaggia, la pioggia, l’aria? Niente, oppure oggetto di lamentela: “Fa troppo caldo; è impossibile stare fuori!”, “Che tempaccio: non fa altro che piovere!”, sono solo alcune delle tante frasi di critica, rivolte da noi, perennemente scontenti, alla natura… Ed ora? Che cosa daremmo ora per poter camminare per le stradine, percependo sulla schiena la calda carezza del sole, o sentendo sul viso l’umido abbraccio della pioggia, cosa daremmo per poter camminare a piedi scalzi su un prato e su una spiaggia, con i fili d’erba che ci solleticano le dita o i granelli di sabbia e di salsedine che ci si appiccicano addosso, oppure per poter nuotare, immergersi nell’acqua salata e tuffarci dagli scogli più alti… Ora queste cose non hanno prezzo, eppure solo adesso ce ne rendiamo conto, solo adesso capiamo quanto siamo stati fortunati ad avere a nostra disposizione tutte queste meraviglie, questi tesori, più preziosi dell’oro. Perfino l’aria, così fresca, trasparente, sempre in movimento, dai mille odori, ci manca… ci manca quel respirare a pieni polmoni, facendo entrare nel corpo l’aria fredda e sentendo il nostro respiro, il nostro battito calmarsi, rallentare, frenare quell’affanno dovuto alla mancanza di quell’aria vera, limpida, “naturale”… Incredibile, vero? Tutto è incredibile in questa situazione, a partire da questa situazione stessa, tuttavia questo lo è in particolar modo: insomma, come abbiamo fatto a non accorgercene prima? Come abbiamo fatto a sottovalutare in questo modo la natura, ad ignorare il Paradiso che ci circonda? A desiderare di viaggiare, andare in luoghi esotici, lontani, quando fuori dalla finestra avevamo un posto bellissimo, una natura che mai si era completamente sottomessa all’uomo, mai era completamente sparita, ma aveva solo atteso, dormiente, di avere l’occasione di risvegliarsi? Ecco un’altra cosa incredibile: nonostante la nostra situazione, il nostro essere quasi prigionieri, le continue perdite che subisce il genere umano, il timore, la paura in cui si vive… la vita va avanti, continua, la Terra continua a girare, gli alberi a fiorire, gli uccellini a cantare, le onde a scrosciare, a infrangersi sugli scogli, il sole continua a sorgere, la luna a rischiarare la notte, le stelle non hanno mai smesso di brillare… E’ incredibile, e meraviglioso, e sorprendente. E’, anzitutto, la prova che si può e si deve continuare a lottare, perché tutto passa, niente è definitivo, abbiamo ancora molte possibilità, finché esiste anche solo una vita, questa malattia, per quanto lo sembri, non è la fine del mondo, semplicemente perché il mondo non è finito, né dà segno di essere prossimo a farlo, è ancora là fuori… aspetta solo di vederci uscire e riversarci al suo interno… Questa è la principale fonte di speranza che abbiamo e a cui ci dobbiamo aggrappare, su cui dobbiamo fare affidamento, dobbiamo credere in quella promessa, data anche solo dallo sbocciare di un fiore, che tutto passerà, che andrà tutto bene, che, proprio come lui, torneremo a fiorire con il viso verso il cielo e la pelle baciata dal sole. Tuttavia, dalla natura in questo periodo possiamo trarre anche un importante insegnamento: non siamo il motore che permette la vita, non siamo i padroni della Terra, siamo solo una delle tante creature che abitano il pianeta, e abbiamo la loro stessa importanza, l’illusione che fossimo indispensabili non era altro che un’illusione appunto, una distorsione della realtà. Anzi, guardando, attraverso i vetri della finestra, lo scorrere del tempo fuori dalle case, si prova un groppo in gola, una sensazione di oppressione e le lacrime ci rigano il volto… non si tratta di nostalgia o, almeno, non solo; vi è anche un’emozione mista vergogna, data dall’aver preso finalmente coscienza della situazione: il rimorso. Infatti, con noi chiusi in casa, la natura non solo continua il suo ciclo, inconsapevole di quello che sta accadendo, ma rifiorisce, si sveglia, ritorna ad essere quella natura libera, pura, semplice, quella natura antica, quella natura priva di inquinamento, di restrizioni, quella natura non più costretta a piegarsi alla volontà umana, quella natura che abbiamo tanto sognato, desiderato di farne parte… e ora capiamo che quella natura è possibile solo senza di noi, almeno senza di noi come siamo ora. Per esempio, quando mai i delfini sono venuti nel porto di Bari? Mai, eppure ora i loro versi gioiosi rompono il silenzio del porto e si mescolano allo scroscio delle onde, i loro salti cuciono, come aghi tra due tessuti, un legame indissolubile tra cielo e mare, ormai indistinguibili, i loro corpi attraversano quell’acqua cristallina, un tempo toccata solo dalle navi… Mi piacerebbe vederli, anche solo una volta, per potermi sempre ricordare di cosa ci ha privato l’inquinamento e cosa, eliminando o almeno ridimensionando questo, potremmo avere… Oppure i cinghiali che invadono le città o le anatre, con i loro anatroccoli che passeggiano per le vie… E’ come se i ruoli si fossero invertiti: noi, rinchiusi in gabbia o costretti in spazi troppo piccoli per noi e loro che escono, invadono le strade, affollano la Terra. Attraverso i vetri, noi possiamo vedere l’immagine della pace, l’immagine di armonia tra così tante specie… manchiamo solo noi. Perciò, una mia speranza è che, quando tutto questo finirà, noi saremo Umani, come non siamo mai stati, preoccupati non solo dei propri interessi, ma anche del mondo che ci circonda, attenti alla natura e agli animali, e non le bestie selvagge, sanguinose, violente, egoiste, avare, che siamo state fino ad ora. Un’altra cosa su cui si riflette molto quando si è chiusi in casa è la società, i rapporti degli uomini tra di loro. E’ cambiato tutto: che cosa significava per noi un abbraccio, una stretta di mano, un bacio, il poter vedere i nostri parenti, i nostri amici, compagni, insegnanti? Prima era una cosa normale, parte irrilevante della nostra vita quotidiana… nient’altro. Ora, invece, quel contatto, fatto anche solo da uno sguardo, di una durata minore al minuto, è importantissimo. Si cerca di ricordare tutti i momenti vissuti con una persona, di ricordarsene la voce, il colore degli occhi, l’espressione… ci si aggrappa ai video, alle foto, ai vocali mandati da coloro con cui non puoi vederti… si aspetta, come se la propria vita dipendesse da quell’evento, da quel momento, la videochiamata della nonna e ci si nutre della sua vista, delle sue parole, non sperando nient’altro di poterla, al più presto, abbracciare… Manca anche la scuola, l’appuntamento quotidiano con i compagni davanti all’entrata, le interrogazioni, i professori, le verifiche, i lavoretti, il laboratorio di giornalino, con i computer allineati, l’irrefrenabile voglia di scrivere e le risate con la professoressa Di Ruvo, i laboratori di inglese e di coding, con il professor Sciascia e le professoresse Mansi e Scaringi, le chiacchiere durante la ricreazione, le simpatiche collaboratrici, la finestra che dava l’impressione di trovarsi in montagna… Tutto questo manca e, per quanto si cerchi di compensare con la tecnologia, non sarà mai la stessa cosa… Purtroppo il contatto umano è insostituibile, ma, come dice la canzone Nemmeno un milione, “l’attesa aumenta il desiderio” e, quando finalmente potremo tornare, dubito che rimpiangeremo di essere a scuola, invece che a casa…