Di Paola Mastaglia e Vera Lapis
Fra il 13 ed il 24 il nostro Istituto ha ospitato la mostra ‘Scorci di guerra e di prigionia’, realizzata dal Circolo Ghislandi (a cura di Paolo Dentella e Magda Stofler) sul diario scritto, nel 1918, dall’alpino Fiorino Gheza, soldato nel primo conflitto mondiale e prigioniero in Germania nel campo di Cellelager.
La mostra è stata allestita da un gruppo di studenti che, con la guida della prof. Trotti, hanno approfondito il libro di Paolo Dentella, organizzato la mostra realizzando una presentazione e diversi laboratori, al fine di presentare l’argomento a tre diverse fasce di studenti: i bimbi delle elementari, i ragazzi delle medie e noi studenti delle superiori.
Gli studenti che hanno fatto le guide sono di 5^ forestale (Diego Balduzzi, Mirco Bellini, Davide Giovanni Carrara, Nicola Pizzagalli Stefano Plona), 4^ Geometra (Manuela Maffeis, Elena Murachelli), 4^ Chimico (Laura Favetta, Gaia Mazzucchelli, Casandra Perta, Jasmine Zampatti), 3^ liceo scientifico (Maddalena Della Moretta, Dania Zampatti), 2^ chimico (Eleonora Garatti, Anna Tomasi) e 2^ geometra (Chiara Bianchi, Sara Pelamatti e Ilaria Sandrini): a loro abbiamo rivolto alcune domande.
- A cosa mira questa esposizione?
Mira soprattutto a far conoscere la prima guerra mondiale tramite le memorie di Fiorino Gheza, uno dei pochi diari redatti da soldati che non presenta solo pagine scritte, ma anche delle immagini dipinte da lui, che trasmettono più emozioni rispetto a una semplice frase.
La mostra è stata realizzata anche per presentare la guerra da un punto di vista diverso da quello spiegato a scuola.
- Il diario è stato scritto come ricordo personale o per i posteri?
Crediamo che sia stato scritto come ricordo personale, perché vengono riportati pensieri e sensazioni in modo personale e quasi poetico. Probabilmente è stato per lui uno sfogo, poiché viveva in un ambiente difficile come quello della guerra, e si trovava in una situazione dura sia a livello fisico che mentale.
- Dove ha reperito il materiale necessario per la realizzazione di queste opere?
I diari (che sono tre quadernetti) e gli acquerelli sono stati reperito nel campo di prigionia di Cellelager, quando Fiorino ha riorganizzato i suoi pensieri (probabilmente grazie ad appunti) e realizzato il testo e un gran numero di disegni, una trentina dei quali sono presentati nella mostra
Fiorino è stato catturato dopo la battaglia di Caporetto, durante la quale non ha combattuto poiché si trovava in ospedale: non ha avuto la possibilità di scappare prima dell’arrivo dei nemici, come aveva fatto molta altra gente.
- Com’era trattato nei campi prigionia? C’era differenza fra soldati e ufficiali?
I soldati venivano trattati in modo diverso, con loro le guardie tedesche tendevano ad essere più rigide, mentre agli ufficiali, come Fiorino, veniva lasciata più libertà. Queste differenze vennero adottate solo in un secondo momento, quando i nemici capirono che i sottoufficiali erano comunque degli ufficiali. Questo dimostra il rispetto che c’era fra soldati anche se appartenenti a schieramenti diversi.
- Di cosa parlano principalmente le lettere inviate alla famiglia? Perché alcune frasi sono cancellate?
Fiorino nelle cartoline indirizzate alla famiglia racconta cosa stava vivendo e dove si trovava; alcune frasi sono state censurate perché, appunto, non si volevano dare alle famiglie troppe informazioni che avrebbero causato scompiglio.
- Dove è stato imprigionato Fiorino Gheza?
Si è spostato in ben quattro campi di prigionia, fino a quello di Cellelager.
- Per quanti anni è stato in prigionia?
Circa un anno.
Al termine del conflitto, i prigionieri vennero rimpatriati, anche se dovettero sostenere un interrogatorio prima di poter tornare a casa dalle loro famiglie, perché l’esercito sospettava che si fossero arresi troppo facilmente a Caporetto.
- Quali sono state le sue fortune?
Secondo noi la fortuna più grande è stata quando l’esercito tedesco ha capito che non c’erano grandi differenze fra sottoufficiali e ufficiali, perché per Fiorino e gli altri sottoufficiali vennero adottati trattamenti diversi, come abbiamo già detto.
La prima fortuna che ebbe fu, però, quando si ammalò. Coloro che erano in infermeria erano trattati meglio, ricevevano del cibo in più e soprattutto ricevano il cosiddetto “pane dei morti”: i pacchi che venivano mandati dalle famiglie e che erano destinati a soldati che nel frattempo avevano perso la vita, infatti, venivano suddivisi fra gli ammalati.
Una serie di eventi, insomma, che l’hanno reso “fortunato nella sfortuna” e gli hanno permesso di salvarsi.
- Come ha vissuto il periodo in trincea?
Nei suoi diari definisce quel periodo come “la vita del sorcio”, e possiamo capire che non stava vivendo una bella situazione; Fiorino, inoltre, proveniva da una famiglia agiata, quindi per lui è stato ancora più difficile adattarsi a quella situazione.
Purtroppo, però, nel suo diario Fiorino racconta più le emozioni e sensazioni che provava e meno dettagli di come si sviluppava la guerra.
- Aveva già il diario con sé oppure lo ha iniziato nei campi di prigionia?
Sicuramente aveva qualcosa con sé per prendere appunti, mentre gli altri tre li ha recuperati nel campo di prigionia.
- Quanti disegni possiamo trovare nei suoi diari?
In 278 pagine ci sono più di trecento disegni.
Infine le guide ci dicono che hanno avuto un’impressione positiva per il numero di partecipanti e l’interesse che questi hanno mostrato; inoltre si ritengono soddisfatti perché, hanno avuto la possibilità di mettersi in gioco raccontando la biografia di Fiorino Gheza, un personaggio poco conosciuto, ma la cui storia è interessante e, comunque, importante.
Totale Visite:
981