di Flavio Maria Sabino e Marco Tondo –
Tra le tante attività organizzate dalla nostra scuola, quest’anno per gli alunni di terza media sono stati previsti vari incontri con i rappresentanti del tribunale per i minori. Il progetto si è rivelato importantissimo, istruttivo e utile. Oltre ad aver imparato molte nuove cose sulla legge e lo svolgimento dei processi, abbiamo capito che è necessario riflettere su ogni azione che compiamo, perché ciò che di primo acchito può sembrarci un semplice scherzo, può determinare gravi conseguenze ed essere, invece, un reato che necessita della difesa di un avvocato.
Il tribunale per i minori di Lecce si trova nella sua sede attuale dal 2009. L’edificio nacque nel ‘700 come convento dei padri missionari di San Vincenzo de Paoli, e tale funzione ha svolto fino al 1866, accogliendo anche, dal 1850 un convitto maschile in cui si studiavano lettere, scienza e morale.
Dal 1866 al 1997 è stato adibito a centro di detenzione.
In seguito è stato affidato al Ministero della Giustizia perché fosse destinato a diventare sede del tribunale minorile e a tale scopo è stato restaurato e restituito alla città e alla nuova funzione in tutta la sua bellezza architettonica, tanto da essere una struttura rinomata in tutta Italia proprio per il suo pregio artistico.
La nostra visita si è svolta principalmente nell’aula processi, dove avvocati ed esperti ci hanno raccontato le storie di alcuni ragazzi che hanno dovuto difendere. Ci hanno insegnato come si struttura un processo e le differenze esistenti tra un processo “classico” e quello per i minori. Prima dei 14 anni i ragazzi sono sotto la completa protezione e tutela dei genitori, ma superata questa età, diventano “imputabili”, cioè possono essere accusati ed essere sottoposti ad un processo ed ad un giudizio, sebbene diverso da quello che si celebra per i maggiorenni. Un processo minorile infatti è, più che un processo per stabilire una condanna ed una pena, un ulteriore modo per fare capire al ragazzo imputato l’errore che ha commesso, educandolo alla legalità così da prevenire che possa commettere altri reati in futuro. Il giudice non commina una vera e propria pena, ma, se il ragazzo riconosce il proprio errore, lo “mette alla prova” chiedendogli di impegnarsi a prestare volontariato nei servizi sociali; in caso contrario, il giudice autorizzerà la prosecuzione del processo. Partecipare a questa esperienza ci ha sicuramente insegnato cose nuove sulla legge, ma è stata anche l’occasione per riflettere sui nostri diritti e doveri e sui rischi che possiamo correre… Questi incontri non ci hanno dettato solo delle regole da seguire: ci hanno permesso di conoscere esperienze e realtà drammatiche che coinvolgono dei ragazzi che hanno proprio la nostra età o anche meno e pertanto sono stati delle vere e proprie lezioni di vita.