di Benedetta Amodio, Isabella Nagar e Adriana Ventrella di III B
“Un sacchetto di biglie” è un film profondo, che permette a noi giovani di conoscere e riflettere su ciò che è successo in passato, dandoci la possibilità di rivivere a pieno le emozioni, i dispiaceri, i dolori profondi che tante persone hanno provato in quegli anni terribili della nostra storia. Si spengono le luci, buio in sala ed eccoci proiettati in un altro mondo. Dinanzi ai nostri occhi una casa calda, quattro fratelli che giocano, i genitori che amano i figli, risate, urla, discorsi, il suono di un violino in sottofondo ed ancora giochi, abbracci, scherzi e rimproveri amorevoli. Ma quella vita così rassicurante ben presto sarà solo un ricordo per quella famiglia ebrea che vive nella Parigi del 1942, città occupata dalle truppe tedesche. Joseph e Maurice, questi i nomi dei due giovani protagonisti, hanno rispettivamente dieci e tredici anni, vanno a scuola ed amano giocare indisturbati a biglie per strada. Col passare dei giorni non solo la vita della loro famiglia, ma quella dell’intera città si complica sempre più. Mentre le guardie naziste diventano sempre più aggressive con gli ebrei parigini, la mamma dei ragazzi è costretta a cucire sulle loro giacche una stella gialla. Anche a scuola la situazione è cambiata, gli insegnanti in classe iniziano a ignorare i due piccoli ebrei, mentre i compagni li insultano fino ad arrivare alle mani. Per la famiglia c’è solo una cosa da fare: fuggire verso la Francia del sud, uno dopo l’altro, prima i fratelli grandi, poi i piccoli, infine i genitori. Inizia così per Joseph e Maurice una grande avventura verso la salvezza, un viaggio pieno di speranza ma anche denso di pericoli, paure, solitudine e crudeltà. In una delle scene più toccanti del film, sarà un prete cattolico a salvare i due bambini da morte certa, fornendo loro certificati di battesimo falsi. Drammatica invece la fine del loro papà che verrà arrestato e deportato ad Auschwitz. Proprio una frase del padre, detta ai figli prima della loro partenza, è rimasta impressa nei nostri cuori. L’uomo, mentre raccomandava ai suoi ragazzi di non rivelare a nessuno la loro identità, schiaffeggia violentemente il piccolo Joseph, chiedendogli se fosse ebreo. Il bambino, nonostante il dolore, lo nega caparbiamente. E’ in quel momento che l’uomo, sorridendo amaramente, dice ai suoi figli: “meglio il dolore di uno schiaffo, che perdere la vita perché se ne ha paura!” E’ proprio questa frase ad aiutare i piccoli durante la fuga, tutte le volte che dovranno mentire per salvarsi. Lontani dagli affetti, essi saranno soli, infreddoliti, tremanti per la paura. Si sentiranno persi ed anche noi ci siamo sentite sole e perse, non perché lo fossimo realmente, ma perché in quel preciso momento eravamo accanto ai due nostri coetanei, a camminare stanche, a pensare alla nostra salvezza, tremando e piangendo! In un continuo girovagare, i ragazzi vivranno a stretto contatto con chi è a favore dei nazisti, proveranno rabbia ed un’immensa paura di perdere la vita, come i tanti ebrei che avevano visto morire davanti ai loro occhi. Una mattina Joseph, ritirando i giornali da consegnare, sarà colpito da questa notizia ”PARIGI LIBERA”. I ragazzi increduli, dopo tanto dolore e tanta sofferenza, riproveranno il gusto della felicità. In breve raggiungeranno nuovamente Parigi e qui riabbracceranno quel che resta della loro famiglia. Questa, che è una storia vera, è a lieto fine. Ma storie così furono davvero rare, purtroppo. Infatti, durante la seconda guerra mondiale, milioni di ebrei, presi dalle loro case, traditi da amici e vicini, furono deportati e condotti nei campi di concentramento, posti invivibili, dove essi persero la loro dignità di persone. Alla fine della guerra gli ebrei morti nei lager sono stati circa 6 milioni. Per quanto possiamo sforzarci, non riusciremo mai a capire cosa abbiano provato quelle persone, neanche guardando foto o documentari che ci mostrano come erano ridotte. Addirittura c’è chi ha il coraggio di negare tutto quello che è successo, nonostante le tante testimonianze scritte o dirette. Il passato dovrebbe insegnarci che queste cose non devono più accadere, anzi dovremmo lavorare tutti per impedire che ciò avvenga di nuovo. Anche per questo è stato istituito“ Il giorno della Memoria”, per dare voce al passato, per ricordarci ciò che l’ uomo ha fatto contro i suoi simili. E’ questo un messaggio quanto mai attuale, in un tempo in cui, in diverse parti del mondo, ci sono popoli in fuga dalla guerra, dalla fame, dalle persecuzioni, alla continua ricerca della solidarietà e dell’aiuto di altri popoli anche se di religioni e culture diverse. Il passato non va dimenticato, ma tenuto nella memoria come un bene prezioso. Questo film delicato e commovente ci aiuta davvero a riflettere .