di Fabiola Napolitano
“Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia il nome che gli diamo noi, ma per rendere la sua natura più chiara a voi”. “Flatlandia – Racconto fantastico a più dimensioni” è un romanzo fantascientifico pubblicato in forma anonima nel 1884 e poi attribuito all’autore Edwin A.Abbott per il quale è noto ancor oggi. Nel libro lo scrittore, utilizzando una brillante fantasia, delinea un mondo bidimensionale caratterizzato da rette, poligoni, angoli, tattiche del Riconoscimento a Vista o del tastarsi e fa raccontare questo mondo ad un cittadino della middle class: un Quadrato e padre di Pentagoni “fortunatamente” Regolari. La prima parte del romanzo vede il narratore “Square” delineare la società di Flatlandia nella sua organizzazione gerarchica: al gradino più basso della scala, purtroppo, sono poste le donne, le quali raffigurate come rette, sono le creature più temute “perché se un soldato è un cuneo, una Donna è un ago, essendo per così dire, tutta punta, almeno alle due estremità”. Appena sopra compaiono i soldati-triangoli isosceli tanto più ottusi quanto più acuto è il loro deplorevole angolo irregolare. Seguono quadrati, pentagoni, esagoni fino alla casta più nobile, quella sacerdotale, costituita da poligoni con un numero così elevato di lati da assumere la conformazione di un Cerchio (che appare tuttavia essere agli occhi degli abitanti una linea retta). Tuttavia, Flatlandia non è l’unica dimensione protagonista del romanzo “Oh audaci nuovi mondi, che ospitano tali popoli”. Infatti, il Quadrato di Abbott si ritrova catapultato insieme ad una Sfera nella terra delle Tre Dimensioni, Spacelandia (sostanzialmente il nostro mondo) e avendo compreso l’esistenza dell’”altezza” oltre alla larghezza e lunghezza “verso l’alto, non verso il Nord” inizia a meditare sulla possibile esistenza di una terra di Quattro Dimensioni (chi conferma la tesi che non esista una Dimensione che gli abitanti di Spacelandia non riescono a vedere proprio come esiste l’altezza che i flatlandesi non comprendono?). Alla fine del racconto Square viene rispedito su Flatlandia e, nonostante le leggi contrarie del governo, sceglie di raccontare la sua esperienza ma nessuno crede alle sue parole. ”Prometeo, lassù a Spacelandia, fu incarcerato per aver portato il fuoco ai mortali, ma io mi ritrovo qui in prigione per non aver portato un bel niente ai miei connazionali”. Insomma, potremmo considerare il lavoro di Abbott un’immersione matematica in una precisa tradizione anglosassone che configura mondi alternativi senza distaccarsi troppo dalla realtà contemporanea, basti ricordare il capolavoro “Utopia” di Thomas More. Edwin A. Abbott non ha fatto altro che paragonare gli uomini a rette, linee, punti per lanciare una critica ad una società piatta, statica, teorizzando l’esistenza di nuovi mondi che sono il frutto della mente, del pensiero che può concedere un minimo di follia ed immaginazione. “Eppure io ancora insisto nella speranza che queste memorie, in qualche modo, non so come, possano trovare la loro strada verso le menti dell’umanità di Qualche Dimensione, e possano fomentare una razza di ribelli che rifiuteranno di essere confinati in una Dimensionalità limitata”