di Prof. Salvetti
Per una sintetica ma efficace descrizione delle circostanze che hanno portato alla produzione di questa edizione, inevitabilmente natalizia, de “Il meneghini” rimandiamo senz’altro all’incipit del bell’articolo di Dania Sabbadini, nella sezione Arte&Cultura (o Arte&Cottura?) del presente numero. Del resto, che il mese più natalizio dell’anno (anche se ormai è una bella lotta) porti con sé un numero inevitabilmente natalizio è, tutto sommato, piuttosto normale. Così com’è piuttosto normale che in un numero inevitabilmente natalizio trovi spazio quanto di più natalizio si possa associare al Natale.
E allora via libera ai reportage sui mercatini di Natale, perché a quanto pare tra il Natale e il Mercato si è instaurato un legame talmente forte da non poter essere reciso nemmeno dalle pandemie e dalle emergenze sanitarie prolungate.
Via libera agli addobbi e alle decorazioni, di cui è affascinante e istruttivo scoprire insieme le vere origini, ma di cui è ancora più affascinante e ancora più istruttivo servirsi per trasformare le aule scolastiche in un adorabile festival del kitch (per puro spirito competitivo).
Via libera (finalmente? Forse? In una qualche misura?) agli sport invernali. E via libera ai film natalizi, o perlomeno ai film che a tutti piace rivedere a Natale (la differenza è sottile, ma c’è)
Insomma, via libera alle più care e calorose tradizioni, a cui tutti, ma proprio tutti (compresi i finti snob che si divertono a ostentare il mancato rispetto del dress code natalizio) siamo tanto tanto affezionati.
D’altra parte, non saremmo “Il Meneghini” se questa meravigliosa sinfonia natalizia non fosse accompagnata qua e là da una specie di controcanto leggermente dissonante che, forse, renderà meno melenso il nostro burrosissimo pandoro. Infatti, ahimè, le notizie provenienti in questi giorni da tutta Europa non costituiscono esattamente un’iniezione di serenità, e, recentemente, a turbare il senso di sicurezza dei placidi provinciali che siamo ci si è messo pure un quasi disastro ferroviario su cui la redazione ha raccolto anche una testimonianza diretta. Inoltre, basta spostare lo sguardo un poco al di là del corrente mese per incappare in un paio di semplici domande: cosa succede quando a certe “tradizioni” ci si conforma in modo ottuso? Cosa succede quando il mostruoso si impone come normalità? Ricorrenze meno dicembrine ci invitano a riflettere anche su questo. Il 25 novembre si è infatti celebrata la giornata contro la violenza sulle donne, che ha suscitato alcune considerazioni di più ampio respiro su un certo tipo di società (a suo modo, appunto, tradizionale). Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio sarà poi la volta delle giornate della memoria e del ricordo, occasioni per tornare a riflettere su eventi storici (fra loro diversissimi) per la comprensione dei quali sono necessarie una dedizione e una perizia storiografica che richiedono di sicuro un tempo un po’ più ampio di quello di solito dedicato al consumo emozionale della liturgia della commemorazione.
Insomma, per fortuna (o purtroppo) il Natale non si è mangiato tutto. E se può sembrare molto poco natalizio, a Natale, preoccuparsi di qualcosa che non siano le rassicuranti tradizioni (natalizie), allora occorrerebbe ammettere che non c’è stato nulla di meno natalizio del primo Natale della storia.
Comunque auguri:)