Di Elena Carbutti – classe III sez. L
Disegnare il nostro logo: questa è stata la consegna dataci dalla nostra docente di religione, la professoressa Maria Di Noia, al termine della quarta ora del venerdì. Il logo è una figura che rappresenta un’azienda, un gruppo musicale o un prodotto, permettendone il riconoscimento.
Noi dovevamo fare proprio questo: dovevamo realizzare delle figure, semplici o complesse, colorate o in bianco e nero, a mano o con l’ausilio della tecnologia, che facessero pensare subito a noi, che al primo sguardo ne rivelassero l’autore.
Tale attività, per quanto possa apparire semplice, porta a riflettere: riflettere sulla propria identità, sulle proprie passioni, sui propri gusti, anche su cose banali come il colore preferito, sui propri sogni, sulle pietre della propria vita, sui ricordi… Ogni linea dei loghi è stata curata nei minimi dettagli: linee curve e morbide per rappresentare forse un’indole tranquilla, dritte e spigolose per indicare una forza di carattere e una certa esuberanza, tracciate a mano e sbavate per comunicare indecisione e insicurezza, dritte e precise per richiamare un’attenzione meticolosa e un’incredibile osservanza delle regole; ogni colore usato aveva un significato: i colori prevalenti erano con più probabilità i preferiti dei creatori del logo, i colori vivaci indicavano un carattere allegro, quelli spenti un’indole riservata e complessa, e forse un po’ pessimista; ogni elemento era disposto con una perfezione quasi ossessiva: la composizione non era casuale, seguiva linee mentali, dettate talvolta più dall’istinto, che dalla ragione, complesse ed intime che era impossibile seguire completamente, dando vita ad un insieme armonioso e unico. Osservandoli, si poteva quasi percepire lo scorrere dei pensieri nella mente del creatore, l’ordine con cui essi facevano capolino nel suo cervello, permettendo quindi di stabilire i più ed i meno importanti, la volontà degli autori di rendere i compagni partecipi della loro identità o al contrario di mostrare loro lo stretto indispensabile, senza esporsi troppo, si evinceva dai dettagli minuziosi, particolareggiati, oppure dalla loro assenza.
Il venerdì successivo poi facemmo un gioco, molto divertente e piacevole: la professoressa mostrava in disordine i vari loghi, di cui noi alunni dovevamo indicare il creatore e cercare di dare un significato al maggior numero possibile di elementi che li costituivano. Abbiamo potuto notare, a seconda della velocità con cui si interpretavano i vari loghi, quanto si conoscessero bene alcune persone, quanto se ne conoscessero poco altre e di quali si conoscesse solo l’apparenza.
E’ stato interessante vedere quanto uno stesso disegno potesse essere visto in modo diverso in base alla persona che lo osservava e quanto esso dicesse di colui che l’aveva creato: era una forma di presentazione senza i convenzionali preliminari, in cui l’interlocutore doveva basarsi solo sulla sua capacità d’osservazione per decifrare colui che aveva di fronte