Venerdì 4 dicembre, noi ragazzi del Liceo Scientifico “E. Majorana” di Sessa Aurunca ci siamo collegati in videoconferenza con il professor Diego Picano.
Il professore, laureatosi in lettere moderne presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale, ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia delle idee e della vita intellettuale dal medioevo all’età moderna ed è autore di diversi saggi su Leopardi; tra l’altro, è membro del Comitato Didattico nazionale e relatore della XX edizione dei Colloqui Fiorentini, che quest’anno verterà su Dante Alighieri.
Diego Picano, volto noto ad alunni e colleghi che lo seguono sul web, ha piacevolmente intrattenuto anche noi, con una conferenza dal titolo: “Parola sorvolata da stelle. La poesia di Dante attinge alla lingua della luce”; facendo sua la massima di S. Agostino: “nutre la mente ciò che la rallegra”, ci ha dedicato circa due ore rispondendo anche alle nostre domande di approfondimento sui temi che ci avevano maggiormente incuriositi.
Rivolgendosi alla moderatrice, prof.ssa Elvira Sasso, le ha rivolto sincere parole di stima, identificando tutti noi come una grande famiglia a cui sente di appartenere: la nostra scuola è un luogo “in cui è sempre bello e confortevole tornare, anche in una modalità come questa.” D’altra parte questi strumenti, ha aggiunto il prof., “non ci impediscono di far brillare la luce della letteratura, di far brillare le parole così lucenti delle stelle.”.
Il professore, soprattutto in questo periodo di didattica a distanza, appare sempre più determinato a far conoscere a noi ragazzi quanto di eterno e di vero ci sia nell’opera dei grandi poeti, come Dante. Partendo dal saggio di Charles Singleton, noto dantista americano, dal titolo: “La poesia della Divina Commedia”, in cui l’autore dichiara che: “La più grande finzione non è una finzione” ci ha mostrato come tutta l’opera di Dante sia frutto della verità, di qualcosa che il Poeta in vita ha visto; non dobbiamo dimenticare che nel contesto storico in cui Dante scrive —in modo particolare nel basso)— verità significa esperienza della verità, che si è presentata alla memoria e all’immaginazione del Poeta fiorentino e che si è tradotta in lingua, in scrittura. In altre parole: è un’esperienza che si è presentata all’immaginazione e si è tradotta in ragione.
Il nostro relatore ci ha ulteriormente spiegato il senso della finzione, esplicitando il pensiero di Paul Richer, che in un libro intitolato: “Tempo e racconto”, ce ne fornisce la migliore definizione: “È proprio alle opere di finzione che noi dobbiamo in gran parte la dilatazione del nostro orizzonte di esistenza”. Ammettiamolo: per la maggior parte di noi ragazzi l’arte, la fantasia… in una parola: la finzione, pare non serva a nulla; invece, citando Richer: “La finzione serve a dilatare, come una lente d’ingrandimento, la verità dell’esistenza”. “Ecco perché—ci spiega entusiasta il prof.— “un poeta si serve della finzione! Ecco perché un artista si serve dell’invenzione: per poter invenire (scoprire), rendere più evidente, una verità che solo lui, in quel preciso momento, è stato capace di vedere!” .
Ecco, dunque, che Dante torna ad “indovarsi” fermandosi nei nostri sguardi imprigionati nei piccoli schermi attraverso cui si fruisce della didattica a distanza e risvegliando in questo torpore surreale nuovi interrogativi, sogni, paure