di Giuseppe Simeti, 3^ A Liceo Artistico ” Michelangelo Buonarroti”
Hai mai provato la sensazione di trovarti sopra un filo attaccato tra due querce secolari?
Intorno a te senti solo il suono della natura: gli uccelli cinguettano e volano sopra la tua testa, le cicale che con il loro verso creano potenti sinfonie, le fronde degli alberi che toccano quelle degli altri vicini e…senti il battere del tuo cuore.
Poi ti accorgi che sei sospeso di almeno dieci metri, il tuo respiro si fa affannoso e credi che la scelta migliore sia buttarsi, abbandonare tutto, perché alla fine non potrai mai riuscire a raggiungere l’albero e chiamare aiuto.
Così forse ti senti. Ci sentiamo. Inermi davanti a tutto. Sopratutto davanti a quelli che siamo diventati. Ci siamo persi.Non troviamo più la strada in quell’enorme labirinto che è la nostra psiche.
E allora? Che succede adesso? Che posso fare?
Tu già sai dove potresti recarti, ma hai paura. Paura del giudizio degli altri.
Paura di ciò che potresti scoprire.Paura verso questo lavoro è un qualcosa che si sente molto spesso, ma ha senso?
La risposta per molti sarà no, perché lo psicologo, se fa al meglio il suo lavoro, diventa l’ombra del perduto e cercherà in qualsiasi maniera di capirlo e aiutarlo.
“Ma una persona sconosciuta può mai capirti più di te stesso?”
Le sedute di psicoterapia vengono utilizzate come un aereo che viene riempito di benzina che rappresenta le vicende e le emozioni di chi spera un giorno di rivedere la luce, anche se ha paura ad aprirsi, sa che tutto questo gli farà bene.
Ma si conosce il tragitto che si deve compiere?Le correnti e le discese che avverranno? Quello che si scoprirà?
La risposta è di nuovo no. Tutto quello che si fa può avere mille sfumature di colore dietro di sé, ma il vero coraggio sta in quelle persone che almeno tentano di riaccendere i loro occhi per volare tra le mille correnti che il percorso gli prospetta. Però c’è chi è contrario a tutto ciò, perché è diffidente. Forse è colpa di chi non svolge il suo lavoro bene, anzi gioca con le menti di coloro che si affidano alla sua empatia e ai suoi anni e anni di studio.Forse è colpa dei perduti che hanno paura di raccontarsi e di raccontare ciò che li circonda. Forse è colpa del costo di ogni seduta.
O forse è colpa dell’ignoranza. L’ignoranza molto spesso annichilisce tutto ciò che è diverso dal “normale”, come se si dovesse rimanere per millenni con la clava e la leva militare obbligatoria. Forse questa è paura.Paura di aprire nuove porte e respirare dell’aria sana. Forse ognuno di noi è come carta bagnata.
In un libro essa è l’argomento principale di un testo scritto da un bambino che aveva paura, paura di tutti, paura di se stesso.“Non sono che carta. Fragile e sottile. Se mi si tiene controsole, esso risplende attraverso di me. Mi scrivono sopra, e non mi si può riutilizzare. Ognuno di questi graffi è una storia. Questi graffi sono una storia.”
Chi non è solcato da graffi? Indelebili sulla pelle?
Forse è questo il motivo per cui esistono gli psicologi, per asciugare quella carta bagnata e renderla più solida.
Essa non sarà più come prima, resistente. Sarà un po’ sgualcita e sbiadita.
La vita di ogni persona che calpesta questo mondo ha un qualcosa di speciale, che si capisce solo quando si è abbastanza forti da accettare la verità.C’è chi lo capisce a quindici anni, chi a quaranta e invece chi non l’ha mai capito. Per testardaggine o per ignoranza.
Se avete bisogno di aiuto siate dei guerrieri con una corazza propensa a ripararvi.