//Tutto il bello che c’è

Tutto il bello che c’è

di | 2019-06-18T01:50:46+02:00 18-6-2019 1:50|Alboscuole|0 Commenti
 

Di Antonella Tritto – Non è una vocazione essere insegnante, è una scelta. Una scelta che ha bisogno di essere confermata giorno per giorno. È una scelta quella di scegliere di credere che “un bambino, un insegnante e una penna possano cambiare il mondo”. Delirio di onnipotenza? Certo! Altrimenti chi avrebbe il coraggio di entrare in classe ogni mattina ed essere sommerso, letteralmente, da un numero imprecisato di voci indistinte che all’unisono ripetono: “Maestra! Maestra!”. Tutto il resto, varcata quella soglia, rimane fuori, chiuso, il tempo necessario ad entrare in un altro mondo, quello delle parole, delle storie, dei calcoli, dei problemi, piccoli o grandi che siano, delle recite, dei piccoli bisticci, delle merende, dei lavoretti e soprattutto quello della fantasia, dell’immaginazione, della creazione…

Lo avverti quel turbinio di neuroni impazziti che, da un banco all’altro, si rincorrono veloci a creare legami indissolubili, a partorire risposte impensabili, a generare idee fuori dal comune, a raccontare storie mai raccontate prima, a proporre soluzioni geniali!

E questa è la parte più bella della scelta di essere un’insegnante, quella che non devi far altro che accogliere perché, per una strana combinazione di fortunati eventi, è parte di questo lavoro. Ma, a volte, può succedere che quel turbinio scintillante si affievolisca e tutto si faccia più opaco. Ed ecco la scelta, la più dura, la più difficile, quella che fa la differenza in questo lavoro: la scelta di esserci quando questo succede. È succede quando per un motivo o per un altro i legami si spezzano, si complicano, diventano scontri, quando le risposte si fanno attendere troppo a lungo, quando le soluzioni sono esaurite, quando le storie sono mute e le idee troppo confuse. Succede anche quando le aspettative superano la realtà e la delusione si insinua furtiva tra le pieghe dei pensieri. Succede quando, e le maestre di sostegno come me lo sanno bene, hai accanto a te un bambino speciale che mette alla prova la tua capacità di accoglierlo senza se e senza ma, che ti chiede di prendere forme diverse per adattarsi alla sua, che ti chiede di essere altro da quello che fino ad allora sei stata. Ed è esattamente in quel momento, quando la resa è ad un passo, che si fa la scelta delle scelte, quella per cui sei o non sei; si sceglie di andare avanti, di mettere in gioco ogni competenza, ogni conoscenza, ogni risorsa, ogni strategia, ogni strumento per superare ostacoli, riaccendere menti, produrre idee e trovare soluzioni… Si sceglie ogni giorno di imparare ad imparare di nuovo e di nuovo e di nuovo, ogni giorno assumendo una forma diversa, una forma che si ricompone in una nuova sostanza pronta, se necessario, a scomporsi e a ricomporsi nuovamente grazie anche al sorriso di una collega, alla parola gentile di un’altra, all’ascolto disinteressato di un’altra ancora, alla pacca sulla spalla di una collaboratrice, all’abbraccio di uno dei tuoi bambini, alla sorpresa di un traguardo insperato raggiunto…

Tutto questo è il bello che c’è, e anche di più, in questa scelta, bellissima, di essere un’insegnante …