Era il 2 febbraio 2004, erano le 22:30 e non riuscivo a dormire, mi giravo e mi rigiravo ma niente. Sentivo delle grida in lontananza, di persone che si divertivano urlando a non finire. Mi arresi, mi vestii e me ne andai di casa. Volevo andare a festeggiare con loro, magari mi sarebbe potuto venire il sonno. Chiusi casa e me ne diressi nel centro storico, il luogo da dove provenivano le urla.
Entrai nel centro storico e vidi addobbi molto strani appesi alle varie case e maschere molto macabre appoggiate a terra. Riconobbi la casa del mio amico, andai a bussare nella speranza di avere compagnia e non restare solo nel bel mezzo della folla. Nel frattempo osservai il pavimento: notai una lunga striscia di sangue che portava in una stradina. Decisi di non farci tanto caso, forse era solo un po’ di sangue finto: si sa come sono i bambini nel periodo di Carnevale. Mi affacciai alla finestra della casa del mio amico e vidi un macello: era tutto sottosopra!
Non mi feci domande e me ne andai. L’atmosfera era molto più cupa ora; sembrava che qualcuno mi stesse seguendo, ma mi convinsi che era solo una stupida sensazione e cercai di non pensarci. I lampioni, ad un certo punto, si spensero. Usai la torcia del telefono e mi orientai grazie alle urla. Ammisi che avevo paura, tanta paura, ma ero così tanto incuriosito da andare avanti senza pensarci. Arrivai e vidi tutti felici, che ridevano e scherzavano l’uno con l’altro.
C’era una persona con una maschera da orso molto realistica, tanto vera da farmi rabbrividire. Mi unii alla festa e tutti mi accolsero con un grande sorriso, quasi inquietante. Passò un’oretta e mi stancai, lasciai tutti lì e salutai, la persona-orso mi urlò contro dicendomi di stare ancora un po’, io feci un cenno di no e me ne andai. Avevo sempre la sensazione che qualcuno mi stesse seguendo, sempre quella sensazione.
Arrivai a casa finalmente, appesi le chiavi e subito dopo suonò il campanello. Aprii e vidi la persona-orso con la testa del mio amico in mano che mi disse: “Adesso è il tuo momento, caro”. A quelle parole scappai, mi rinchiusi in camera e misi una sedia per proteggermi ma niente, non servì a nulla. Entrò… io incominciai ad urlare come un forsennato. Aveva messo il coltello sulla mia gola, non volevo questa fine.
Mi svegliai di botto tutto tremante con il fiatone. Vidi la sveglia: erano solo le 2:00 del mattino del 5 febbraio! Tirai un sospiro di sollievo e cercai di riprendere sonno.
Eleonora Pinto – 2^F