//Strage di pizzolungo: 33 anni dopo

Strage di pizzolungo: 33 anni dopo

di | 2018-05-23T15:44:01+02:00 23-5-2018 12:57|Alboscuole|0 Commenti
di MARTINA PECORELLA – Avevano solo 6 anni. Si, esattamente 6 anni, i gemellini Asta, Giuseppe e Salvatore, quando, quella mattina del 2 Aprile 1985, percorrendo la strada provinciale che attraversa Pizzolungo, furono brutalmente uccisi per mano della criminalità organizzata mafiosa. Insieme a loro la giovane mamma, Barbara Rizzo di soli 30 anni. Scoppiati, esplosi, saltati in aria cosi come dei fuochi d’artificio durante una festa. Peccato che quella non era una festa e loro…loro non erano dei fuochi d’artificio. Loro erano bambini, loro erano figli, loro erano esseri umani. Ma, esattamente, chi siamo noi per stroncare immotivatamente delle vite umane? Chi siamo noi per decidere chi debba vivere e chi, invece, merita la morte? Ma soprattutto, chi è la Mafia? Sarà forse il potere di decretare la morte del magistrato Paolo Borsellino? O ancora di Giovanni Falcone? O forse è semplicemente la convinzione di essere indistruttibile? Si, è vero, la mafia esiste ed esiste da molto tempo ormai, ma niente e nessuno è indistruttibile. Affonda le sue radici nella fragilità della società e ne fa il suo punto forza, comprando il silenzio e praticando l’estorsione attraverso il pizzo. Crediamo che il fenomeno mafia sia sparito per il semplice fatto che non sentiamo più parlare di stragi, di attentati, di minacce o di scorte? Beh, ci sbagliamo. La mafia c’è, la mafia è presente, ogni giorno, perché la mafia siamo noi. Rita Atria scrive: ”la mafia siamo noi e il nostro sbagliato modo di comportarci”. La mafia siamo noi quando preferiamo tacere piuttosto che denunciare ,quando preferiamo chiudere gli occhi piuttosto che guardare in faccia la realtà, la mafia siamo noi quando preferiamo essere corrotti che corretti. Nomi e cognomi di politici, magistrati, imprenditori che in questi anni hanno suscitato scalpore collaborando direttamente con o per conto della mafia. Chi per paura, chi per minaccia, ma peggio, chi per interesse. Gare d’appalto truccate, smaltimento illegale di rifiuti, e ancora riciclaggio del denaro sporco, traffico di droga. Ad oggi la corruzione rappresenta lo strumento principale di cui la mafia si serve per penetrare nelle istituzioni. Già nella relazione approvata il 25 luglio 1990 sulle risultanze dell’ indagine del Gruppo di lavoro della Commissione parlamentare d’ inchiesta sul fenomeno della mafia istituito con la L. 94/1988, si leggeva che i gruppi mafiosi tallonavano il potere politico. Infatti – come ritiene anche Alberto Vannucci – “quella mafiosa e quella della corruzione sono “industrie” che si occupano di beni distinti: protezione privata, in un caso, diritti di proprietà su rendite politiche, nell’ altro. Gli accordi di corruzione e gli scambi politici ed elettorali sono rinsaldati dalla tutela mafiosa, che garantisce nel contempo l’ omertà: significativamente le confessioni incrociate di corrotti e corruttori, che hanno dato all’ inchiesta “Mani pulite” una grande forza propulsiva nel resto d’ Italia, hanno segnato il passo nelle aree a più alta densità mafiosa”. “Cosa nostra”, “uomini d’onore”. Ma precisamente cosa è” vostro”? Quale uomo d’onore agirebbe in nome della malvagità? A scuola, il giorno 14 marzo abbiamo ospitato il giornalista Salvatore Cusimano, nonchè Direttore della sede siciliana della Rai. Ad una domanda, posta da noi allievi, riguardante la tragica strage di Capaci del ’92, ha risposto :”tutti mi dicono che sono ossessionato dalla mafia, ma in realtà è la mafia che mi ha ossessionato, ed io devo fargliela pagare”. Perché si, la mafia, questo terribile cancro che si è insediato nella nostra società, deve ma soprattutto può essere sconfitta. “Ci sono stati uomini che passo dopo passo hanno lasciato un segno con coraggio e con impegno”… Come non citare un grande cantautore come Fabrizio Moro che utilizza parole forti e toccanti per elogiare e ringraziare uomini che in prima persona hanno preso posto alla lotta contro la mafia , rischiando, ma nella maggior parte dei casi, perdendo la vita: i già citati magistrati Falcone e Borsellino, il generale Dalla Chiesa, il giornalista Mauro Rostagno, l’imprenditore Libero Grassi, per non parlare della giovanissima Rita Atria, dei civili e degli infiniti volti, sicuramente poco noti, di poliziotti e carabinieri a cui era stato attribuito il compito di scortare gli obiettivi di Cosa Nostra. Tutte figure che sono state private del diritto alla vita per il semplice fatto di aver svolto ,con tutte le loro forze e con tutte le loro disponibilità, il proprio dovere. Affinché si metta fine al fenomeno mafia non basta gridare “Stop”, non bastano le infinite associazioni istituite allo scopo di vincere questa guerra alla delinquenza, non basta la completa protezione da parte delle forze dell’ordine né tanto meno la condanna di alti esponenti mafiosi, non bastano le leggi. Dimostriamo che queste morti non sono state vane, che questi segni camminano ancora oggi, a distanza di anni, sulle nostre gambe e che non rimarranno parole su un libro polveroso. Non parliamo, ma agiamo: agiamo sconfiggendo la mafia che c’è in noi, agiamo annientando la nostra omertà e la nostra indifferenza. Dimostriamo che noi, noi non ci siamo scordati, non ci scordiamo e non ci scorderemo mai di loro.