di Delia Cisarò – Martedì, 12 Novembre 2019, alcune classi dell’I.I.S.S.“ Rosina Salvo “ di Trapani si sono recate al Teatro Ariston per riflettere e commentare insieme ad allievi di altri Istituti le pagine del libro “ Lasciami volare, papà “ con il quale Gianpietro Ghidini racconta la morte del figlio Emanuele ( Ema ). Egli narra che una sera il figlio era andato ad una cena con degli amici e accettò di provare una sostanza stupefacente che qualcuno dei suoi “amici“ gli aveva offerto. Se soltanto avesse saputo che sarebbe stata la fine per lui non l’avrebbe mai provata, ma Ema, alle due di notte, osservando il fiume vicino casa sua, si buttò nello stesso punto in cui da piccolo con il padre aveva liberato un pesciolino rosso.
Quando il padre apprende la notizia, va in confusione perché non sa che strada seguire: buttarsi nel fiume e morire insieme al figlio o continuare la sua vita ponendosi al servizio del prossimo. Sceglie la seconda strada aiutando, tra i tanti ragazzi, Marco, un sedicenne la cui mamma, quando Marco aveva quattro anni, a causa di un’operazione sbagliata, era entrata in coma per poi svegliarsi senza memoria e in parte paralizzata. All’età di dieci anni Marco perde il padre. È vittima di bullismo, di autolesionismo e arriva al punto di tagliarsi le vene. Quando il ragazzo frequenta la terza media, le strade di Marco e Gianpietro si incontrano e i due costruiscono un rapporto forte e intenso come padre e figlio.
Qualche ora dopo la morte di Emanuele, il corpo fu trovato a pochi metri di distanza da dove lui e il pesciolino si erano tuffati trovando entrambi lo stesso destino di morte ( il pesciolino era stato inghiottito da un’anatra sotto gli occhi impauriti del bambino ). Queste sono le parole che ha riferito Gianpietro e che ha riportato nel suo libro. Subito dopo la morte del figlio, il padre ha fondato un’associazione che si impegna a tenere lontani dalla droga i ragazzi a rischio. Pesciolino Rosso è il nome di questa associazione che, in pochi anni, è diventata un punto di riferimento per migliaia di persone ed è in crescita costante; lì genitori e giovani si scambiano idee, pensieri e condividono riflessioni su temi come l’adolescenza, la scuola e il rapporto tra padri e figli.
Quando abbiamo incontrato Gianpietro al Teatro Ariston , il suo racconto ha suscitato in noi ragazzi un susseguirsi di emozioni ( tristezza, dolore, sofferenza ) e una maggiore consapevolezza sui danni irreparabili e sul dolore infinito che ha provato questa famiglia in relazione all’uso di sostanze stupefacenti. Ci ha insegnato a riflettere sull’importanza di condurre una vita sana, serena e lontana dal percorso buio, distruttivo e di morte che è quello che fa chi si lascia irretire dalle parole ammaliatrici di un “ amico “ che si sente sicuro e padrone del mondo.
La commozione è stata di tutti, giovani e adulti, sia che rivestissero il ruolo di docenti, genitori o figli. E la riflessione è stata “ Quanto bisogno c’è di incontri simili che facciano riflettere sul valore degli affetti, dell’interiorità, della sostanza e non dell’apparenza e della forma e della sfrenata corsa al successo senza quartiere perdendo di vista la famiglia, come è successo a questo padre adesso disperato che vive col rimpianto di non aver dedicato il tempo necessario al figlio!