//Soldati ma non per gioco di Sara Murru 3A (Linguistico-tedesco)

Soldati ma non per gioco di Sara Murru 3A (Linguistico-tedesco)

di | 2023-05-15T12:42:52+02:00 15-5-2023 12:42|Alboscuole|0 Commenti
Ormai, da diversi anni, sentiamo parlare di “bambini soldato” e non per gioco. Una barbarie nella barbarie. Molti bambini, influenzati da ciò che i videogiochi e la tv propongono, sognano di fare i soldati una volta adulti, purtroppo in alcune zone caratterizzate dalla guerra questo sogno diventa realtà troppo presto e molti ragazzi e bambini che ancora non hanno raggiunto la maggior età sono costretti ad arruolarsi e a combattere fin da piccoli. Per “bambini soldato” infatti si intende qualsiasi persona, minore di 18 anni, reclutata o utilizzata da gruppi e forze armate per fini bellici e non solo. Alcuni bambini sono combattenti a tutti gli effetti, altri invece vengono usati come vedette, portatori di munizioni, spie, messaggeri, cuochi, assistenti di campo e per fini sessuali. I “bambini soldato” stimati nel mondo dalle organizzazioni umanitarie sono oltre trecentomila. Il 40% dei minori arruolati sono bambine, spesso vittime di violenza di genere. Nonostante si senta parlare di ciò da non moltissimo tempo, nei libri di storia ci sono già degli accenni a questo infausto uso dei minori, solo che negli ultimi anni questo fenomeno è andato a crescere in maniera esponenziale a causa del cambiamento e della modernizzazione della guerra. Nelle guerre moderne si fa ricorso all’uso di armi automatiche facili da usare anche per i più piccoli, che spesso provengono da famiglie povere, disagiate o sono addirittura orfani, e il loro arruolamento è molto facile. Alcuni bambini vengono obbligati ad arruolarsi, spesso sono venduti dalle famiglie, prelevati dalle scuole o dalle piazze dove giocano felicemente, altri invece si offrono come volontari per necessità economiche. Per i ragazzi che combattono le conseguenze sono gravi. Coloro che sopravvivono e non hanno riportato ferite o mutilazioni posso soffrire di patologie legate alla coercizione forzata o alla mancata igiene dei campi di battaglia, altri invece riportano traumi psicologici legati a ciò che hanno visto, subito o magari loro stessi hanno fatto. Il Medio Oriente e l’Africa sono le regioni più colpite dal fenomeno e quattro minori arruolati su dieci sono bambine. Nonostante gli sforzi delle organizzazioni internazionali il numero di casi documentati è in costante aumento. Quasi 8.000 bambini sono stati reclutati solo nel 2019, alcuni dei quali di soli 6 anni. Tra le organizzazioni internazionali impegnate a contrastare il fenomeno c’è l’Ong italiana “Intersos” che coordina la “Coalizione Italiana Stop all’uso dei bambini soldato”, che si impegna affinché gli 2ex bambini soldato” possano reintegrarsi nella società. Con il sostegno dell’Unicef, durante il 2020, Intersos ha aiutato 214 minori liberati dai gruppi armati, e oggi 180 di loro stanno completando il percorso di reinserimento sociale e lavorativo, dopo una prima fase in cui il minore ha avuto accesso alle cure mediche e al supporto psicologico. Nella seconda fase è previsto il ricongiungimento familiare o l’affidamento e, per i minori di 15 anni, il reinserimento a scuola o un inserimento professionale e formativo. Secondo Federica Biondi, operatrice di Intersos che ha lavorato insieme agli ex “bambini-soldato”, “la piena reintegrazione di un ex bambino soldato è un percorso lungo e complesso, ma possibile. Significa dare a un minore la possibilità di reinserirsi nella società, accettando di riconoscersi in un nuovo ruolo e in una nuova identità, venendo accettato in questa nuova veste dalla famiglia e dalla comunità in cui va a vivere.”