di Alice Imparato, 4ª D.
Da sempre il sogno ha suscitato grande interesse e fascino in tutti gli ambiti della vita, della cultura e del sapere umano. L’enigma sull’origine e la valenza di queste illusioni è stato oggetto di studi in varie epoche della storia.
Nell’età antica, per esempio, era diffusa presso gli Egizi la convinzione che i sogni appartenessero al mondo divino e si aveva perciò una grande considerazione per chi esercitava la divinazione, che veniva utilizzata anche in ambito medico. D’altra parte, invece, vi era chi, come Platone, riteneva che le origini del sogno andassero ricercate nella mente umana: il filosofo, infatti, sosteneva che i sogni fossero una manifestazione della parte dell’uomo che si tiene segreta, in quanto fatta di “appetiti” considerati “tremendi, selvaggi e contrari alla legge”.
Ai dubbi che riguardavano le vere origini del sogno si aggiunse, in età moderna, anche la questione della corretta percezione della realtà e della sua distinzione dal mondo illusorio: alcuni intellettuali e pensatori ritenevano infatti che questi due ambiti si potessero considerare analoghi o, in certi casi, addirittura interscambiabili.
Alcuni giunsero a suggerire che la realtà fosse soltanto un’apparenza illusoria, un sogno contraddetto dalla ragione e dalla mente dell’uomo. Questa concezione della realtà trova voce nella celebre opera teatrale di Shakespeare, La tempesta, nella quale la scena ospita le illusioni del sogno e le situazioni del mondo reale, ponendo al centro della storia la visione dell’uomo come semplice racconto di se stesso che svanisce come un sogno al mattino. Il protagonista dell’opera, infatti, afferma di “essere fatto della stessa sostanza dei sogni”, una sostanza materica, che assorbe completamente l’uomo. Così come Shakespeare, nel mondo del teatro e della letteratura, tantissimi altri autori hanno mantenuto e divulgato nelle loro opere la concezione unitaria di sogno e realtà.
Il tema del sogno è presente anche nella filosofia del ‘600, proprio laddove si stava facendo lo sforzo più coerente e rigoroso di distinguere il sogno dalla realtà e di fondare l’oggettività scientifica.
Il punto di svolta è stato infatti segnato dal filosofo René Descartes, alias Cartesio, con il ben noto argomento del “cogito, ergo sum”, che muovendo dal dubbio radicale circa l’esistenza del mondo esterno giunge alla dimostrazione di un fondamento sicuro del sapere, rintracciato nell’evidenza che la coscienza ha di esistere. Ciò condusse alla distinzione tra due piani o ordini di realtà, la res cogitans (“sostanza pensante”, cioè la coscienza stessa intesa come mente o anima) e la res extensa (“sostanza estesa”, cioè la realtà fisica costituita dai corpi che occupano uno spazio geometrico). Cartesio era partito proprio dall’ipotesi generale che la realtà esterna potesse essere del tutto illusoria e ingannevole, al pari di un sogno, ma attraverso un metodo razionale era giunto a smentire quell’ipotesi sostituendola con una visione che pone le basi per la fisica matematica moderna.
Tuttavia, nelle dispute dei secoli successivi, la separazione tra una realtà esterna conoscibile in modo chiaro e distinto e la sua rappresentazione mentale illusoria è tornata più volte ad essere messa in discussione, tanto da diventare motivo d’ispirazione in tempi recenti per libri e film di fantascienza, come la famosissima trilogia di Matrix.