di Massimiliano Di Bari, 2E
Andria, 26 aprile 2020
Caro Diario,
oggi è il cinquantacinquesimo giorno che siamo rinchiusi in casa e devo proprio dirti che non ce la faccio più. Sono quasi due mesi che non esco, che non vado a scuola, che non gioco a tennis, che non vedo la nonna, che non gioco con i miei amici… insomma che non vivo. Tu mi chiederai il perché e per raccontarti i motivi devo partire dall’inizio ossia da gennaio quando abbiamo saputo di un virus che stava provocando molte vittime in Cina. Inizialmente, la maggior parte di noi non ha prestato grande attenzione a questa notizia. Con il passare del tempo, però, questo virus ha iniziato a diffondersi in Italia e il 4 marzo ci hanno comunicato che le scuole sarebbero state chiuse, provocando inizialmente una reazione di entusiasmo. Siamo usciti, abbiamo festeggiato, dimenticando o facendo finta di dimenticare che se si era arrivati a questa decisione il motivo doveva essere grave.
Il successivo annuncio è stato quello che ci obbligava a rimanere a casa e da allora le mie giornate passano tra aule virtuali, grandi quantità di compiti e video chiamate con gli amici. Io per fortuna ho una casa spaziosa e non mi sento oppresso, inoltre i miei genitori hanno continuato a lavorare, garantendomi così una vita normale, a differenza di molti che vivono nell’angoscia dell’incertezza economica.
Questo virus è molto contagioso e colpisce le persone di tutte le età, ma è pericoloso soprattutto per gli anziani e io sono molto preoccupato per mia nonna Isa che non vedo da circa due mesi ed inoltre non posso non pensare ai tanti medici che sono morti in Italia perché privi delle protezioni. Questo incubo diventa sempre più spaventoso quando sento giorno per giorno le notizie in TV di decessi, di gente che non lavora e che non può nemmeno fare la spesa, di gente disperata perché non riceve dallo Stato gli aiuti economici promessi.
Tra una videolezione, un film su Netflix e una nottata alla Play Station si fa avanti dentro di me un desiderio di giustizia, di rispetto, di un mondo in cui gli uomini possano vivere in armonia e senza paura e credo che quando torneremo ad abbracciarci i nostri abbracci saranno forse più autentici e le nostre azioni più responsabili.
Adesso ti devo proprio lasciare, vado a dormire sperando che questo sia solo un incubo e che domani, quando mi sveglierò, andrò a scuola e potrò riabbracciare i miei inseganti e i miei compagni.