di Riccardo Nuri –
“Insieme di comportamenti e atteggiamenti che attengono al rispetto degli altri e delle regole di vita in una comunità” è questa la definizione del Senso civico.
Sin da quando ero molto piccolo, i miei genitori mi hanno sempre insegnato che vivere all’interno di una comunità, piccola o grande che sia, significa rispettarsi a vicenda. Evitare comportamenti che potrebbero danneggiare, infastidire o provocare malessere, disservizio, pregiudizio e offesa ad altre persone. Sento ancora l’eco della loro voce che mi ripeteva “la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri”, “rispetta sempre gli altri, come vorresti che rispettassero te”. E così, ho imparato a non gettare le carte in giro per la città, a mettere la cintura in auto, a prendermi cura non solo dei miei oggetti personali ma anche e soprattutto di quelli pubblici, a non disturbare gli altri in spiaggia con i miei giochi e…tanto altro ancora.
In questi tristi giorni dettati dalla non quotidianità, dalla mancanza delle consuete abitudini, in cui a causa del tanto pericoloso coronavirus siamo stati “costretti” a sospendere la didattica scolastica, a non frequentare luoghi affollati e ad abituarci ad una nuova routine, mi sono ritrovato spesso a pensare a come un evento straordinario possa modificare, da un giorno all’altro, la nostra vita abituale.
Allo stesso tempo, seguendo le notizie dai giornali e telegiornali insieme ai miei genitori, ho più volte espresso il mio stupore, in positivo, verso tutti quegli abitanti che vivendo nella cosiddetta “zona rossa” non potevano uscire, frequentare i propri amici, andare al cinema, giocare e chiacchierare tra loro. Ho osservato con piacevole interesse le storie di quei bambini che, nonostante fossero costretti a rimanere in casa, in quarantena, trovassero ugualmente il tempo per sorridere e per inviare messaggi di ottimismo e di incoraggiamento. Ho ascoltato le diverse storie, anche quella di una intera famiglia messasi in quarantena per tutelare la salute del proprio figlio portatore di handicap, e ulteriormente colpito da diverse patologie. Ho ascoltato le parole della madre e del padre che, sospendendo ogni loro attività lavorativa, si sono messi completamente a sua disposizione e quella della sorella, anche lei a casa per la chiusura delle scuole. Una sorella poco più grande di lui, di circa tredici anni, che ha rinunciato a tutto, al divertimento e agli amici, allo scopo di preservarlo. Ecco cos’è il “senso civico”, ho ripetuto a me stesso! “Sacrificarsi” non solo per il proprio bene, ma anche per quello altrui.
Ma poi, ieri sera, ho assistito a qualcosa che non avrei mai immaginato potesse accadere. Un nuovo decreto del Governo aveva ampliato le zone rosse d’Italia, impedendone o, meglio, limitandone, la libertà di ingresso e di uscita, imponendo inoltre alcuni “obblighi sociali”. E una valanga di persone, residenti in quelle zone, ha in tutta fretta abbandonato le città del nord per tornare nelle terre di origine, nel sud. Correndo, precipitandosi, affrettandosi, prendendo d’assalto treni e pullman, senza rispettare alcuna distanza di sicurezza, o le diverse regole dettate dal Ministero della Sanità. Ho letto negli occhi di mia madre un velo di tristezza, misto a preoccupazione, e mi sono chiesto dove fosse finito quel “senso civico”. Come è possibile non pensare che quel loro atteggiamento potesse danneggiare non solo loro stessi ma soprattutto le persone più deboli? Come è possibile che all’improvviso la paura, l’angoscia, il panico possa prendere il sopravvento, offuscandone il buon senso?
Ma, nonostante tutto, ho ancora tanta fiducia nel popolo italiano. Sono convinto e sicuro che l’ansia e lo sgomento lasceranno il posto alla ragione e alla saggezza e che tutti coloro che hanno deciso di tornare nel nostro sud, siano ora in quarantena, rispettando le regole, appropriandosi di quel senso civico, probabilmente smarrito, ma presto ritrovato.