Di Rosaria di Ruvo
Scrivere, si sa, può essere un’avventura entusiasmante che permette di avvicinarsi alla lava incandescente di emozioni che scorrono in ognuno di noi, o può rivelarsi un’impresa spaventosa, angosciante e invalicabile, soprattutto se a doverla affrontare sono degli adolescenti restii a utilizzare una penna ed un foglio.
Scrivere per alcuni di loro sembra essere una vera e propria punizione, inflitta, senza aver commesso reati di sorta, da carnefici aguzzini che si spacciano per insegnanti.
Eppure, scrivere può essere davvero lo strumento che insieme alla lettura potrebbe salvarci dal nostro individualismo; che può rompere quel processo di autocommiserazione per il quale non ci sentiamo mai capiti da nessuno e innescare, invece, la giusta curiosità che ci spingerebbe ad andare verso gli altri, a capirli e, attraverso loro, capire noi stessi.
Leggere e scrivere sono le prime cose che si imparano a scuola, ma anche quelle che al giorno d’oggi risultano più noiose e complesse da apprendere. A volte peraltro la scuola non sembra neanche fornire gli strumenti giusti per provare entusiasmo verso le parola scritte e quelle che ancora devono essere scritte.
Spesso scrivere è un’impresa ardua per i nostri ragazzi perché sono sprovvisti dell’equipaggiamento adeguato per compiere questa scalata all’interno di sé.
Un equipaggiamento che una buona guida, quali gli insegnanti si propongono di essere, dovrebbe saper calibrare sulle spalle di chi deve affrontare il viaggio, mostrare la strada, non solo sulla carta, ma camminando accanto.
È con questo intento che gli insegnanti che partecipano al progetto Writing and reading Workshop si auto formano e cooperano nella definizione di una modalità di insegnamento della scrittura e della lettura che ha come tratto dominante l’essere sperimentale.
In Italia il metodo del Writing and reading Workshop ha in Jenny Poletti Riz la sua esponente principale. Le radici di questo progetto risalgono ai primi anni 70 negli Stati Uniti con Donald Murray e Donald Graves.
Al centro della strategia didattica vi è la scrittura e la lettura in classe; le letture proposte devono essere numerose e la pratica della scrittura deve essere autonoma, costante e condivisa.
Gli alunni sono quindi chiamati a lavorare in modo produttivo e laboratoriale.
Tra le tante tecniche che tale proposta mette in campo vi è anche quella della scrittura per imitazione di diversi stili di testi. I testi vengono smontati e rimontati in maniera personale. Fondamentale è l’utilizzo da parte degli alunni di un taccuino. Sul taccuino del lettore e dello scrittore gli alunni annotano qualsiasi cosa possa aiutarli a riflettere su singole parole o concetti.
Le parole vengono considerate come degli attivatori. Possono essere singole parole o elenchi di parole che possono essere utilizzati come punti di riflessione o di partenza per una l’elaborazione di scrittura futura più personale.
Negli articoli qui di seguito pubblicati (quelli che avranno nel titolo le lettere WRW), vengono presentati alcuni esempi di testi scritti dagli alunni della classe II L dove l’insegnante di lettere Maria De Palma, seguendo il metodo degli “attivatori”, ha fatto scaturire un po’ di quella lava che scorre dentro i nostri alunni sorprendendo tutti, soprattutto gli stessi scrittori.