Rose De Franco – Guardando una foto mi sono catapultata a quando ero piccola.
Nella foto ci sono io con il mio bisnonno. Lui era una persona che parlava spesso più con gli occhi che con le parole e bastava uno sguardo, nei suoi occhi dolci e pieni di amore, per capire tutto.
Il suo viso era segnato da molte rughe che raccontavano il suo passato per me lontano e misterioso. Se tu gli dicevi qualcosa lui sapeva sempre come farti sentire meglio. Era un tipo romantico perché sapeva trasformare in gesti, le parole. La maggior parte delle sue rughe erano piene di felicità anche se non so come abbia potuto con esse nascondere la sua tristezza ed è per questo che lo ammiro molto perché dimostrava la forza di continuare a sorridere con me nonostante la nonna fosse morta.
Ogni volta che guardavo le sue rughe sembravano onde che piano piano si calmavano e mi cullavano. Il suo viso sembrava una carta geografica su cui scoprire nuovi luoghi che ti portavano sempre più vicino al suo cuore.La sua espressione era come La Notte di Van Gogh perché come lei mi dava serenità, dolcezza, ma allo stesso tempo mi intrigava. Mi ricordo che un giorno, il nonno, mi raccontò una delle esperienze più belle della sua vita: l’incontro con la nonna, quando i loro cuori batterono all’unisono. All’improvviso, nel suo volto, incominciarono ad infittirsi sempre di più le sue ruvide rughe.
In quel momento, per la prima volta, vidi le rughe della tristezza e della gioia che si confusero tra loro perché la nonna non c’era più.Come dice Sepulveda: “Il volto umano: è l’unica cartina che segna tutti i territori in cui abbiamo vissuto”.