di Domenico Losito, 3E
Gli affetti che la gente ha ricevuto, il cibo caldo e pronto a tavola, gli album e le foto di famiglia e della propria infanzia che ricordavano i momenti calorosi trascorsi, momenti divertenti che segnavano la loro vita, svanirono.
Tutto quello che la gente aveva vissuto sparì come per magia insieme alle pareti dipinte che si sostituirono a quelle rovinate e piene di graffi.
E terminò anche la vita quando i cancelli dei campi di concentramento e di sterminio si chiusero davanti agli occhi ingenui delle persone che avevano viaggiato per ore e ore senza conoscere la destinazione e improvvisamente si trovavano ad essere rinchiusi come animali che attendevano inconsciamente la morte.
La personalità che contraddistingueva ognuno dagli altri come il colore dei capelli, il proprio corpo e le scelte personali, il nome e il cognome che ci rendono unici agli occhi degli altri, cessarono così come cessò la vita di milioni di bambini.
I bambini che sono la purezza dell’umanità si dirigevano uniti mano per la mano magari anche saltellando e cantando verso quelle “case con camino” che fumavano sempre nelle ore diurne e anche notturne. E arrivati lì, in quella grande stanza buia, morivano cantando assieme senza sapere che dopo si sarebbero trovati su di un carretto per essere cremati.
Reputo questa immagine come una delle più tristi in assoluto perché mostra quanto l’essere umano sia capace di progettare un sistema di morte che si riversa su vite innocenti.
Uomini e donne costretti a svegliarsi presto per andare a lavorare per ricevere del pane. Lavoravano senza fermarsi con il rischio di essere sparati nel freddo dell’inverno con i piedi fragili e frantumati dalla neve perché le scarpe erano di bassa qualità.
Secondo me la paura era dappertutto e non c’era traccia di serenità perché lì, nei campi, non c’era una tregua ma tutto era in movimento e sotto controllo.
Non è mai esistita una cosa così crudele tanto quanto la shoah: esseri umani trattati come delle macchine che devono funzionare fin quando ne hanno le capacità e se non si è in grado di continuare si muore senza dignità, gettato nel fango.
E dopo tutto questo male, senza riuscire a darmi una risposta, continuo ancora a chiedermi: “È possibile che l’uomo sia stato capace di arrecare tutto questo dolore?”.