dalla Redazione del TGTassoNews – Era il 1° maggio 1947. La festa dei lavoratori era tornata ad essere commemorata nel giorno del primo maggio (il fascismo l’aveva spostata al 21 aprile, giorno del Natale di Roma).
E proprio per la festa dei lavoratori, gli abitanti di tre paesi siciliani avevano preso l’abitudine di riunirsi nell’ampio pianoro di Portella della Ginestra. Verso le dieci del mattino qualcuno sparò sulla folla inerme. Trentotto furono le vittime, tra morti e feriti, tra essi donne e bambini.
La vicenda è nota come la strage di Portella della Ginestra.
In quegli anni in Sicilia c’era stata l’occupazione delle terre e nelle campagna si respirava un’aria di festa, di liberazione, i siciliani con le loro lotte si schieravano sempre di più per il rispetto dei loro diritti, per il lavoro e la libertà. La strage, insieme al massacro di ottanta sindacalisti, segnò per quegli anni la fine di ogni speranza
Apparve subito chiaro come la strage fosse stata commissionata da esponenti della grande proprietà terriera, della mafia e dei partiti conservatori locali, preoccupati dall’avanzata del Blocco Popolare.Tuttavia a pagare furono soltanto Salvatore Giuliano e la sua banda: ancora oggi, dopo più di mezzo secolo, nonostante i processi e il lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia, non sappiamo con certezza i nomi di chi armò la mano degli assassini. Oggi sul luogo della strage sorge un memoriale, un’opera di land art di gusto minimalista, firmata da Ettore de Conciliis. Alcuni grandi massi, quasi dei menhir, simboleggiano i corpi dei caduti mentre un muro a secco che taglia trasversalmente lo spazio riproduce la traiettoria degli spari. Su uno dei massi sono incisi i nomi delle vittime e su un altro i versi del poeta dialettale Ignazio Buttitta.