di CHIARA CALO’ – A volte mi chiedo perché sono stata creata, per quale scopo? Secondo me se un giorno sparissi dalla circolazione nessuno si farebbe problemi, anzi per un certo senso farei un piacere a tutti. Ho uno strano carattere: vorrei avere amici, ma non ci riesco. Nessuno vuole essere mio amico, appena mi vedono mi guardano con la solita espressione, mettono una mano all’orecchio dell’amico e iniziano a sgonfiarsi, a svuotarsi di tutti quei pettegolezzi che hanno in gola e vorrebbero sputare, come se dopo aver fatto quel gesto si sentissero realizzati, si sentissero Qualcuno, più forti. Per me la scuola si è trasformata in un inferno, nel vero senso della parola: all’ingresso ci sono i bulli che si mettono come leoni fieri di loro sulla scalinata vicino al laboratorio di scienze; ci sono i pettegoli: quelle persone che iniziano a svuotarsi di pettegolezzi appena ti vedono; poi ci sono vicino alla palestra i bulli che vogliono i tuoi soldi e la tua merenda; ci sono i vanitosi appostati dietro il laboratorio di informatica e per finire c’è Lucifero: quel ragazzo mingherlino dai capelli rossi che mi aspetta vicino ai distributori per prendermi in giro e prendermi a cazzotti… lui è il più popolare nella scuola solo perché è ricchissimo e ha una villa sul mare. Ogni weekend invita tutta la scuola (ovviamente tranne me) alle feste in piscina…vorrei essere come lui, quanto lo invidio! Vorrei avere un diario, un diario speciale nel quale annotare i nomi di tutte le persone che mi infastidiscono per poi farle scomparire dalla faccia della Terra. Su di esso scriverei soltanto “Il mondo…”; vorrei vivere sola in una stanza buia con l’unica amica che veramente mi capisce: la televisione. Un giorno però in classe fece il suo ingresso un ragazzo: occhi neri, biondo, zaino rosso e una camicia… non vedevo nient’altro perché avevo un colosso di fronte a me. Sentii la prof. che disse “Lui è un nuovo alunno, si chiama Matteo”. A quelle parole associai immediatamente il preside: era suo figlio. Tutta la classe iniziò a guardarlo con una faccia indignata e piena di odio “questo è il figlio di quel corrotto” borbottava qualcuno… “Dove ti vuoi sedere, Matteo?” disse la professoressa. “Ehm…non so…” era in evidente difficoltà… era l’occasione per farmi un amico, pensai! Mi alzai in piedi “se vuoi, qua c’è un posto libero, puoi sederti vicino a me” esclamai con un filo di voce, tremando come una foglia. Matteo non esitò e si sedette accanto a me. Per la prima volta provavo qualcosa; per la prima volta in tredici anni provavo un sentimento di amicizia diverso dai soliti. Terminate le lezioni, mi presentai a Matteo. “Io sono Lisa e ho 13 anni”. Lui, contento, ricambiò stringendomi la mano. Stavamo uscendo da scuola quando arrivarono due bulli che fecero uno sgambetto a Matteo il quale, cadendo, si ruppe gli occhiali. “Senti, ti conosco da poco ma mi stai già antipatico, vedi di non montarti troppo la testa insieme a quella sfigata solo perché sei figlio di quel corrotto del preside” urlò il bullo. Matteo, rosso come un peperone, ribatté “Ma come ti permetti”! Allora i bulli iniziarono a prenderlo a calci, mentre lui stava rannicchiato nell’angolo che piangeva con le mani sulla testa. E io, io ero davanti, lì, indifferente davanti al mio amico che veniva picchiato e pure quella volta mi stavo lasciando sfuggire l’occasione di avere un amico. Allora strinsi i pugni e non potevo, dovevo ragionare: se li avessi picchiati, non avrei risolto niente e poi loro erano in due ed erano più forti di me. Non mi venivano molte idee: ero paralizzata, ma nella mia mente si affollavano soltanto le urla di Matteo che chiedeva disperatamente aiuto. Allora in quel momento corsi a gambe levate: stavo andando a cercare aiuto! In quel momento, Matteo pensò che fossi una vigliacca e stessi scappando per non essere picchiata, ma non era così perché ben presto arrivai accompagnata dal professore. Il professore prese i due bulli e li accompagnò in presidenza. Io, allora, ne approfittai per aiutare Matteo che era lì steso, quasi mezzo morto, con il sangue che colava dal naso, lividi e graffi su gambe e braccia, gli occhiali spezzati in due e il volto un miscuglio tra lacrime e sangue. Da quel giorno non solo ero riuscita a farmi un nuovo amico, ma adesso tutti i bulli si allontanavano da noi, anzi avevano paura oramai di noi. Finalmente avevo un amico dopo 13 anni… le mie giornate non erano più monotone e solitarie, ma nei pomeriggi ci incontravamo sempre con lui, imparai ad aprirmi di più, a non essere più la timida Lisa.