In occasione della Giornata della Memoria, il Gruppo Biblioteca Sensale ha intervistato Silvia Guetta, Professore Associato di Pedagogia della Pace e Gestione dei Conflitti dell’Università degli Studi di Firenze. Segue l’intervista:
1.D. Perché è importante fare riflettere le nuove generazioni sulla Shoah?
1.R. Senza nulla togliere alla necessità di conoscerne la storia la conoscenza della Shoah permette di studiare l’essere umano nelle sue molteplici dimensioni, espressioni e comportamenti. Con lo studio della Shoah è possibile cogliere il significato della complessità che caratterizza sempre più la nostra realtà e delle conseguenze che le scelte umane hanno avuto nella storia. Da qui anche la considerazione, che apre al dibattito, se la Shoah non era inevitabile.
Con una approfondita padronanza storica di quanto è avvenuto noi comprendiamo anche che la conoscenza fine a sé stessa non garantisce affatto il realizzarsi del benessere individuale e collettivo. Se le conoscenze non sono portate al servizio della collettività, queste si possono rivelare distruttive per la specie umana e per l’ambiente.
La Shoah come espressione di un antisemitismo esasperato e portato agli estremi deve essere studiata per comprendere i processi che gli esseri umani mettono in pratica per affermare la negazione dell’altro, partendo dal rifiuto della diversità. La scelta di eliminare gli ebrei e altri gruppi umani considerati di razza inferiore e coloro che avevano opinioni politiche, o coloro che non avevano comportamenti conformi alla società, rappresenta la follia di potere di voler raggiungere uno stato di perfezione e di ordine tipico di ogni politica totalitarista. Riflettere su cosa ha significato la catastrofe, la distruzione, la persecuzione non deve essere ricondotto al solo Giorno della Memoria, ma rappresenta una forma mentis critica e costantemente attiva capace di cogliere i segnali di comportamenti discriminanti, escludenti e violenti presenti in noi stessi e nelle nostre società, e di saper come opporsi a questi. Ogni essere umano è responsabile per sé stesso e per l’altro. È dovere di tutti conoscere e fare conoscere cosa è successo e cosa ha significato la Shoah perché ciò che è accaduto è storia di ogni essere umano e di ogni collettività.
2.D. Qual è l’idea di Pedagogia della Pace?
2.R. Gandhi ha scritto: “If we are to reach real peace in this world, we shall have to begin with the children”. Anche Maria Montessori lo sosteneva con decisione nel suo libro “Educazione e Pace”. Nella relazione educativa e nell’esempio che diamo durante questa relazione possiamo sviluppare le pratiche della libertà, del rispetto, della convivenza e della crescita personale. La pace non è un concetto astratto da contrapporre alla guerra, come continuano ad insegnare i libri di storia. Quel tipo di pace viene definita da Galtung una “pace negativa” perché la sua natura è legittimata da una precedente condizione di violenza armata. La Pedagogia della Pace lavora per costruire teoricamente e metrologicamente modelli di “pace positiva” di percorsi educativi per la realizzazione dei principi umani che regolano la convivenza pacifica, democratica, costruttiva di ogni persona e di ogni comunità. La pace si realizza costruendola giorno per giorno con sé stessi, a partire dai nostri comportamenti e dalle nostre modalità comunicative. La comunicazione che noi usiamo è spesso violenta, come sostiene Rosenberg, ma spesso non lo sappiamo. La riproduciamo perché la nostra cultura ci ha educati così.
La pace non è una predisposizione o una caratteristica di una persona, di un gruppo o di una nazione. Il raggiungimento della pace a livello individuale e collettivo, e il suo mantenimento, dipendono da come educhiamo queste generazioni alle competenze, alle attitudini, ai valori alle prospettive, ai comportamenti propri della cultura di pace.
Non è il buonismo che va insegnato a scuola, ma un impegno costante nella relazione educativa e nelle discipline studiate per la comprensione di quanto ogni apprendimento possa contribuire alla costruzione della pace. Sono quindi necessari nuovi programmi educativi e scolastici che orientino in questa direzione, capaci di diffondere i valori di coesistenza pacifica, il rispetto e la pratica per i diritti umani, la cura e la conservazione dell’ambiente e delle tante forme di diversità a cui questo dà vita.
3.D. Che importanza dà alla memoria per porre un freno alla violenza, che sembra dilagare nella nostra società?
3.R. La memoria è una delle meravigliose competenze della mente umana. È un’attività molto complessa che si alimenta di conoscenze, esperienze, sentimenti, emozioni, ma anche stimoli, esercizi, riflessioni e meditazioni. Il suo esserci a livello cosciente e consapevole è regolamentato dalla possibilità di rimozione, ma non di cancellazione. L’essere umano, come ogni essere vivente, per quanto le scienze ci aiutino a comprenderne la natura e il funzionamento, rimane sempre un essere unico, irripetibili e imperscrutabile. In questa meravigliosa esperienza che è la vita, la memoria rappresenta un pilastro fondamentale per la costruzione dell’identità e per la conoscenza dei valori che ci fanno da guida della nostra vita.
Ma la memoria elabora ciò che l’educazione e la cultura di appartenenza gli offrono, ciò di cui viene fatta esperienza e i sentimenti che vengono vissuti. Pertanto, per interrogarsi sull’importanza della memoria come freno alla violenza, è necessario chiedersi, quali sono le forme di violenza presenti nell’educazione, nella società e nella cultura che hanno alimentato la violenza?
La memoria, quella interessata alla costruzione delle conoscenze e dei saperi, è anche cura della persona. È quella memoria che viene esercitata ogni giorno, approfondita, agita e resa pratica. Tutto questo viene oggi ad essere fortemente indebolito dall’uso della tecnologia che nel facilitare molti dei compiti umani, crea dipendenza, passività, assuefazione e progressiva atrofizzazione delle nostre meravigliose facoltà umane. La memoria è uno strumento fondamentale per l’esercizio della coscienza critica e del libero pensiero. Questi sono due antidoti principali per prevenire e decostruire forme di violenza.
Per quanto riguarda il riferimento alla Memoria della Shoah, ritengo che anche questa debba essere considerata come un’esperienza di costruzione delle conoscenze reali e concrete di ogni essere umano. La Memoria della Shoah non si limita al grande impegno di tramandare, fare conoscere, accompagnare, ma alla sua concreta realizzazione nella esperienza di vita quotidiana personale e comunitaria. Nel rispetto dei diritti umani, nel riconoscimento dei valori che sostengono la vita, nella ricerca delle forme di convivenza pacifica, nella costruzione di competenze in grado di individuare le proprie forme di pregiudizio, intolleranza, dipendenza e passività. La Memoria della Shoah ci insegna a non odiare, ad impegnarsi per questo e a sapere che si può sempre scegliere per la vita. Questa è la vera libertà.
Silvia Guetta Ph.D – Professore Associato di Pedagogia della Pace e Gestione dei Conflitti, Università degli Studi di Firenze.
Gerusalemme, 26 gennaio 2023
Biblioteca Sensale, 27 gennaio 2023
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