Non è facile pronunciare come non è facile rispolverare una pagina di Storia troppo
a lungo volutamente celata al mondo. Ricordare il 27 Gennaio ogni anno serve a far
comprendere e comprendere non serve per scusare, ma serve per capire e non
ripetere gli orrori del passato, anche in altre forme e in altri modi, commessi dal
Nazismo nel corso della Seconda Guerra Mondiale tra il 1940 e il 1945.
Il genocidio operato dalla dittatura nazista serve a far riflettere e deve essere
valutato come uno dei peggiori crimini che l’ uomo possa commettere perché ha
comportato la morte di milioni di persone innocenti in conseguenza delle misure di
persecuzione razziale e politica, annullando così patrimoni culturali e valori umani.
La negazione del diritto alla vita, l’eliminazione fisica dell’ uomo per mano di un altro
uomo è una ferocia che rimane nella nostra memoria e che va trasmessa in modo
che possa formare la conoscenza di un popolo: dimenticare non rende uomini.
Io sono una ragazza di undici anni e penso a questa brutta pagina di Storia anche
quando non è il 27 Gennaio. Da quando lessi il “Diario di Anna Frank” alle scuole
elementari immagino quelle persone tra cui bambini, che andarono contro la morte
senza sapere il perché. Morti veloci con fucilazioni e camere a gas, ma anche quelle
lenti avvenute per il duro lavoro, per la fame, per il freddo, per il dolore, e per le
malattie. I bambini morti per mano del “Non” Dottor Mengele è per me una pagina
che non dimenticherò mai. Il ”Non” Dottor era chiamato così perché, di solito, il
dottore cura le persone, le aiuta a farle stare bene, invece, lui faceva esperimenti in
laboratorio sui bambini e poi, li portava alla morte. Per questo venne chiamato
“Angelo della morte” dai nazisti. Lui prese 3000 bambini e solo 200 riuscirono a
salvarsi perché il campo che li teneva prigionieri fu soppresso.
Tra questi bambini il mio pensiero va al piccolo napoletano Sergio De Simone, un
bambino di 7 anni, che andò incontro alla morte perché voleva rivedere la sua
mamma. Con inganno gli fecero credere che gliela avrebbero fatta rivedere, invece,
insieme ad altri 19 bambini, fu portato da Auschwitz ad Amburgo nel laboratorio del
dottor Mengele. Qui a lui e ad altri furono inoculati batteri vivi di tubercolosi nelle
ghiandole linfatiche facendoli poi ammalare di tubercolosi. Gli esperimenti non
riuscirono e per eliminare le prove del suo operato criminale il dottore li fece
portare nello scantinato di una scuola. I bambini furono sedati e appesi a ganci da
macellaio e lasciati morire. Quelli meno pesanti furono aiutati a morire da soldati
che si appesero alle loro gambe e li tirarono giù.
L’ospedale Santobono di Napoli ha intitolato la tensostruttura pediatrica al piccolo
bimbo napoletano proprio per non dimenticare l’atrocità commessa, per capire e
non ripetere gli orrori commessi.