di Irene Teresa – Ci sono cicatrici nella nostra pelle che permangono, la dove sotto ad essa c’è stata una ferita così profonda da far ricordare la sua presenza dentro di noi. Ed è proprio questo che ho tratto dalla conferenza di oggi. Il 17 dicembre presso l’Aula Magna del nostro Istituto si è tenuta una conferenza dal titolo ”Mafia, problema nazionale. Per risolverlo è sufficiente l’azione delle forze dell’ordine e della magistratura?” Tale incontro è stato condotto dal Prof. Guidotto, presidente dell’Associazione antiracket di Trapani, in merito al fenomeno della criminalità organizzata mafiosa. Per mafia si intende il complesso delle organizzazioni che hanno seguito il modello operativo della mafia siciliana chiamata “Cosa Nostra”. La mafia è un fenomeno, cioè ciò che appare. Essa rappresenta una piovra che ha una testa e 8 tentacoli. I primi 3 tentacoli alimentano l’economia mafiosa e si suddivide in: acquisizione di denaro, riciclaggio e investimenti. Si acquisisce denaro attraverso il traffico di droga, armi, racket e altre attività illecite. Da ciò si ricava denaro “sporco”, cioè il riciclaggio. I prevaricatori, con questo denaro, non apriranno delle attività commerciali, ma acquisteranno la proprietà di un’ attività in crisi, in modo da non creare scalpore o curiosità nei cittadini e nelle forze dell’ordine. Gli altri due tentacoli della piovra costituiscono i pubblici poteri, e sono il potere giudiziario e quello politico. Un elemento consequenziale ai precedenti tentacoli è la violenza mafiosa, che rappresenta l’ultimo tentacolo. Con la violenza ottenevano tutto ciò che gli serviva, non guardando in faccia nessuno, puntavano una pistola e premevano il grilletto. Una testimonianza a riguardo ci è stata fornita dal Signor Giovanni Burgarella, che ci ha raccontato la sua vita. . Proviene da una famiglia povera, ed era il più grande di tre fratelli. Il padre morì prematuramente e si occupò lui della famiglia. Iniziò il suo percorso lavorativo nel settore edile, successivamente come muratore. Nel 73 inizia a lavorare presso le autostrade come carpentiere in ferro, lì aveva conosciuto il primo mafioso, Don Vincenzo Priolo. Egli aveva capito cosa cercava la mafia, il consenso. Da quel momento in poi, tutto sembrò cambiare, comandava la mafia. Il signor Giovanni è un uomo che non si tira indietro, che sa cosa significa provare paura, ma sa anche affrontarla, e così fece. Egli iniziò a lavorare presso un’ azienda, ricevendo numerosi ricatti, ma non si arrese mai, e per questo, fu oggetto di molte minacce e violenze. Un giorno un signore bussò alla porta di casa del Signor Giovanni invitandolo per un caffe. Egli accettò, ma non andò mai a prendere quel caffè. Fu portato vicino Salemi in un casa in costruzione, buia, e lì iniziarono a torturarlo. Fu minacciato, doveva assolutamente licenziarsi, ma non lo farà subito. Fu lasciato andare, e al suo ritorno a casa c’era la Polizia. Raccontò tutto, e le cose si fecero sempre più pericolose. Gli uccisero il cane, gli misero una bomba sotto l’auto. Alla fine Giovanni per il bene della sua famiglia decise di licenziarsi. Ad oggi ringrazia la figlia in particolare, colei che non ha mai mollato e insieme a lui lotta contro la mafia. La mafia purtroppo esiste ancora, esiste quando assumiamo comportamenti ingiusti nei confronti degli altri, quando raggiungiamo gli obiettivi barando. La mafia siamo noi, quando non pensiamo.