di Chiara Leo – Il 12 ottobre nella mia scuola (secondaria di I grado di Soleto), noi alunni delle classi terze ci siamo fermati per un momento di riflessione sulle leggi razziali. In quel giorno ricorre, infatti, l’anniversario della cacciata di tutti i ragazzi ebrei dalle scuola. A tal proposito abbiamo visionato alcuni documentari, in particolare l’intervista della senatrice Liliana Segre alla trasmissione “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.
La Segre è nata il 10 settembre 1930 e adesso ha 88 anni ed è stata nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica. Lei era una ragazzina di 13 anni quando è stata deportata ad Auschwitz. Nell’intervista ha raccontato tutta la sua esperienza: suo padre era rimasto vedovo a 31 anni e quindi da quel momento in poi ha concentrato tutte le sue attenzioni alla figlia.
Dopo l’introduzione in Italia delle leggi razziali, la vita degli ebrei non è stata più la stessa. Nell’autunno del 1938 l’immediata messa in atto delle leggi razziali ha determinato l’allontanamento degli studenti ebrei da tutte le scuole del regno. Liliana frequentava una delle scuole principali di Milano. Lei racconta che era piccola quando è successo tutto ciò e che non capiva bene cosa stesse accadendo, così suo padre dovette spiegarle ogni cosa, arrivando a chiederle scusa per averla messa al mondo.
Questo dettaglio mi ha molto colpita, poiché descrive l’impotenza di un padre davanti alla follia di quello che stava accadendo. Un padre per un figlio è una persona forte, che dà sicurezza, che protegge i suoi figli anche a costo della sua vita; il papà di Liliana, invece, si rendeva conto di non riuscire a difendere la sua bambina, e addirittura dovette assistere alla loro deportazione nel campo di concentramento, dove lui troverà la morte.
Questa esperienza per me è stata molto formativa, mi ha fatto riflettere molto sul tema delle leggi razziali e anche sul tema dell’integrazione che è tanto attuale nella nostra società. Secondo me la scuola dovrebbe, in primo luogo, aiutare noi ragazzi ad aprirci alle differenze, senza discriminare l’altro e abituarci a considerarlo una ricchezza individuale da condividere nella comunità sociale per una civiltà a misura di ogni persona.