//OH, HARRIET!, recensione di Angelica e Stefano, Secondaria di Gazzo

OH, HARRIET!, recensione di Angelica e Stefano, Secondaria di Gazzo

di | 2019-12-03T22:23:17+01:00 3-12-2019 22:23|Alboscuole|0 Commenti
Il racconto “Oh, Harriet!” è stato scritto nel marzo 2018 da Francesco D’damo. Parla di un giovane cronista ambizioso che desidera diventare un giornalista famoso: Billy Bishop. Il ragazzo era stato incaricato di andare da intervistare Harriet Tubman, ex schiava anche detta “ la Mosè dei neri”, che è riuscita a liberare molte persone dallo schiavismo nelle piantagioni. Harriet racconta dei suoi primi lavori affidati dal padrone della fattoria Thompson; lei era la sorvegliante del bambino della padrona. Harriet racconta del suo incidente all’emporio dove, poco dopo, incontra Doc Martin, colui che le diede il rimedio per la malattia procuratale dall’incidente. Martin le insegnò anche ad orientarsi guardando le stelle, i fiumi (andando contro corrente) e a leggere e scrivere. Insomma: le insegnò come scappare! Harriet progettò la fuga ricavando informazioni dagli schiavi più anziani e la notte del 17 Dicembre 1849 riuscì a scappare con i fratelli. Loro, però, decisero di tornare indietro. Raggiunta Philadelphia, la terra della libertà, Harriet conobbe John Brown un attivista che sacrificò la sua vita per il suo ideale di uguaglianza e libertà. John chiese ad Harriet di partecipare ad una rivolta ma lei, che capì l’impossibilità della missione, rispose di no. Purtroppo, come Harriet aveva previsto, non finì bene: il Brown morì come tutti gli altri. Verso la fine del libro Harriet esprime un desiderio a Billy e Mary Ann, la ragazza del giornalista: che i figli dei due ragazzi abbiano amici non solo bianchi, ma anche di colore. In seguito i due ragazzi parteciperanno al funerale di Harriet Tubman e Billy girerà il mondo denunciando le discriminazioni mentre Mary Ann  lotterà per il diritto di voto alle donne. Il racconto si svolge in un luogo chiuso durante l’intervista e  in luoghi aperti quando si parla del passato, in un arco di tempo abbastanza lungo e con molti flashback. Il linguaggio è semplice e comprensibile, fa capire molto bene com’erano trattati gli schiavi e com’è stato difficile lottare contro la prigionia. Il racconto ci fatto riflettere su come ci si sente a non avere diritti, libertà, dignità; nessuno dovrebbe sentirsi in diritto di giudicare un essere umano per il suo aspetto, carattere o per la condizione sociale. Tutte le persone oneste valgono!