di FRANCESCO FLORE (IIIG) – Il generale dell’Arma del Carabinieri, Angiolo Pellegrini, comandante della sezione antimafia di Palermo dal 1981 al 1985, ha oggi un’unica missione, quella di far risuonare l’eco della parola “legalità” nell’ambito delle scuole italiane. Pertanto, ha deciso di accogliere l’invito del nostro Istituto a recarsi, nella mattinata del 9 marzo 2018, presso la Biblioteca Comunale della nostra città, per incontrare gli alunni delle classi terze dei due plessi scolastici, nell’ambito del progetto Legalità curato dal prof. G.Nobile. Il generale, collaboratore del pool antimafia, dopo aver a lungo lottato al fianco di grandi figure, come quelle di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ha deciso di continuare orgogliosamente, ma in modo indiretto, la sua guerra, che, almeno inizialmente, erano ben pochi a voler vincere. Nella convinzione che ai giorni nostri debbano essere i giovani in prima linea nella lotta contro la criminalità organizzata, Pellegrini vuole aprire le porte della consapevolezza sul problema mafioso e fornire le giuste armi per combatterla: ci vuole il coraggio di denunciare le illegalità, di difendere i propri diritti, soprattutto la libertà, valore assoluto che nessuno deve assolutamente limitare o, addirittura, negare. Tutto ciò è ben illustrato nel libro Noi uomini di Falcone che il generale ha deciso di scrivere, per rendere onore a tutti coloro che hanno combattuto la mafia in silenzio, per mantenere vivo il loro ricordo. Durante l’incontro, il comandante ha, inizialmente, creato un approccio di confidenza con il suo pubblico di adolescenti, che avevano dinnanzi a sé un uomo barbuto, di imponente corporatura, con l’espressione di un essere saggio e prudente, all’epoca soprannominato “Billy the Kid”, temuto ma anche rispettato da coloro che avrebbe poi arrestato e che si faceva spazio a Palermo tra la gente, le ingiustizie e i fucili d’assalto. Nella prima parte del suo discorso, egli ha cercato di dare una definizione della parola “Mafia”, il cui significato si è evoluto nel tempo: dapprima si legava a piccoli gruppi di grandi latifondisti che facevano scorrerie qua e là in terra di Sicilia, vessando masse di contadini indifesi, per poi arrivare a trasformarsi in uno stato all’interno dello Stato ufficiale, una potente organizzazione criminale con radici ovunque, capace di coinvolgere anche i nostri “cari” politici. Essa gestiva un enorme giro di affari sotto gli occhi di tutti, ma quasi nessuno aveva mai avuto il coraggio di denunciare, almeno fino a quando si fecero avanti nuove personalità, pronte a porre fine a tutto ciò, anche a costo della loro vita. Uomini che avevano ben capito quale importanza avessero l’unione e la collaborazione in una missione che appariva impossibile. Ma tale non era per Falcone e Borsellino, eroi del nostro tempo che ci hanno lasciato un messaggio forte: no ad ogni forma di prepotenza o sopruso, lotta e ribellione contro chi non ha nel proprio dizionario le parole Legge, Stato, Diritto…Civiltà. Ed è, in questo modo che, mantenendo sempre viva l’attenzione del piccolo pubblico, il generale Pellegrini ha dato il via ad un dibattito, coinvolgendo ogni presente, anche gli stessi ragazzi, i quali hanno iniziato a porre domande all’ex generale con il fine di comprendere al meglio come si svolgevano le lotte mafiose, chi era ad appoggiare il pool e chi, al contrario, ostacolava il lavoro dei magistrati, ma, soprattutto, capire come ci si sentiva ogni giorno ad essere minacciati, ad essere in pericolo su ogni fronte con l’obiettivo di procurare vantaggio non solo a se stessi ma ad ognuno di noi. Così è terminato questo incontro per noi ragazzi interessantissimo da cui abbiamo appreso “come” ma, principalmente, “perché” sia necessario continuare la guerra contro ogni tipo di mafia.