“Nequaquam nobis divinitus esse paratam naturam rerum tanta stat praedita culpa” (Lucrezio De Rerum Natura, V, vv. 198-217)
Natura e Uomo.
Opposti che si attraggono.
Simili che si prendono.
Come si manifestano? Qual è il loro vero legame?
Tema più trattato fra i banchi di scuola; ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è ritrovato a dover parlare o a scrivere dello straordinario rapporto che si crea, fin dalla nascita tra l’uomo e la natura come se quest’ultimi camminassero insieme, quasi fossero una cosa sola.
Sono secoli che l’uomo cerca di interpretare, spiegare e anche controllare la natura e i suoi fenomeni.
Già dall’antichità, i primi uomini primitivi cercavano di dare spiegazioni su fenomeni meteorologici come la pioggia, il sole, il vento… e privi di qualsiasi nesso logico e scientifico, si aggrovigliavano il cervello, ricercando delle risposte attraverso la presenza onnipotente di divinità, che controllavano questi impatti temporali.
Ma, essendo popoli che basavano la loro sopravvivenza sull’agricoltura, introducevano canti e danze della pioggia, del sole e, così, si auto convincevano che gli dei li potessero sentire e che potessero servire al raccolto per essere prosperoso.
Quindi, questo rapporto con la natura si crea già dalla nascita dell’uomo, il quale, però, ne ha, da sempre, stravolto ogni aspetto.
Esempio recente è l’avanzamento della tecnologia e delle sue mille sfaccettature, ma ancor prima, ricordiamo le dottrine sugli elementi naturali di Talete, Anassimene, Anassimandro ed Eraclito. L’influenza delle scoperte, delle spiegazioni e delle interpretazioni hanno avuto un risultato repentino su tutta la natura, che ha portato all’avvio del contrastante rapporto con l’uomo. Incontrollabile con controllabile; modificabile con statico; cristallino con misterioso… È come se fosse una medaglia da due facce, che si gira a suo piacimento senza avvertire nessuno.
Il primo lato è caratterizzato dalla bellezza, dalla meraviglia, che con l’alba, il mare, la pioggia la natura ci regala, mentre il secondo lato rappresenta le catastrofi naturali, che l’uomo non potrà mai controllare.
Su questo argomento, ricordo di aver studiato a scuola, un’opera di Lucrezio, il De Rerum Natura, in particolare il V canto vv. 198-217, dove la natura è vista come una forza ostile all’uomo, che lo ostacola con i fenomeni naturali.
Gli individui vengono precipitati sulla Terra come dei naufraghi, incapaci di parlare e bisognosi d’aiuto.
Al contrario, gli animali sono in grado di autoregolarsi e di vivere tranquillamente.
Lucrezio è profondamente affascinato dalla natura ma critica l’indifferenza e la superbia dell’uomo. Il mondo naturale è fatto di atomi e non è eterno o divino.
Il nostro universo non è altro che un insieme di particelle indivisibili che si muovono nel vuoto, cadendo dall’alto verso il basso, incontrandosi in una deviazione perpendicolare detta /clinamen/, dando origine a tutto ciò che esiste.
Lucrezio dà, quindi, un’immagine di una natura che sviluppa in modo meccanico e materialista, nella quale gli uomini credono di contare qualcosa per gli Dei e dove, dopo la morte, cesseranno di esistere.
La natura riesce a comunicare con l’uomo, esclusivamente tramite “Simulacra”, delle immagini di corpi date dagli atomi che si staccano da essa e vengono catturati dai nostri organi di senso.
In antitesi a Lucrezio, vi è Virgilio, il quale, nel I libro delle Georgiche, ci presenta una situazione in cui gli uomini sono impegnati con la coltivazione dei cereali, in uno sfondo dettato dall’alternarsi delle stagioni e dai segni del cielo.
Come ben sappiamo, i Romani erano, strettamente, legati ai valori tradizionali del /mos maiorum/ ed il loro rapporto, con la propria terra natale era molto forte.
Virgilio, a discapito di Lucrezio, non concepisce la natura come una forza diversa dall’uomo, ma ne condivide i sentimenti e le sofferenze.
Elemento centrale è il /pathos/, che travalica la sfera umana per coinvolgere il mondo degli animali e delle piante.
Alla pianta, per esempio, vengono attribuiti non solo caratteri fisici dell’uomo, ma anche la parte semantica, caratterizzata dalla crescita e dalle emozioni.
Differente, inoltre, è anche la posizione del nostro amatissimo Papa Francesco nella sua “Lettera enciclica sulla cura della cosa comune”, in cui evince che l’uomo ha approfittato della natura senza alcuna lungimiranza.
Prendiamo, per esempio, le case costruite ai piedi del Vesuvio, zona considerata a rischio eruzioni.
Ci sono leggi che impediscono di poter costruire in zone ad alto rischio sismico, ma a nessuno è importato, dando sempre più potere economico a chi vuole solo sfruttare la natura per ottenere un’egemonia impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero.