//MI METTO NEI PANNI DI UNA RAGAZZA BULLIZZATA… di Zulfa C. – Classe 2 B – Scuola Secondaria 1° di San Vito Ch. – Prof.ssa Clara La Farciola

MI METTO NEI PANNI DI UNA RAGAZZA BULLIZZATA… di Zulfa C. – Classe 2 B – Scuola Secondaria 1° di San Vito Ch. – Prof.ssa Clara La Farciola

di | 2019-04-28T20:59:35+02:00 28-4-2019 20:59|Alboscuole|0 Commenti
Caro diario, io rido perché tutto ciò che mi ricordo di quel periodo sono le risate che mi stavano attorno. Le elementari le trascorsi tra una risata e l’altra, tra un nascondino e un-due-tre stella! Arrivata in quinta mi descrissero le medie come un posto oscuro dove si rischiava di essere mangiati dalle insegnanti, una sorta di girone dantesco e per questo pensai che ritrovarmi faccia a faccia con Caronte non sarebbe stato facile perciò fin dal primo giorno delle medie mi sembrò fondamentale trovare una compagna alleata ma… niente. Cercavo di relazionarmi nei modi più creativi “Vuoi diventare mia amica?” è un po’ banale. “Anche la tua materia preferita è inglese?! Oh guarda anche la mia! Studiamo insieme?” sembro noiosa. “Lo vuoi un pezzetto, io non lo mangio?” Sarà stata allergica ma anche in altri modi non funzionava. Iniziarono a formarsi i primi gruppetti: più mi avvicinavo e più mi respingevano. Mi sentivo osservata, sentivo il peso di avere sempre gli occhi puntati addosso ma nessuno diceva niente. È incredibile come lo sguardo può creare disagio, mi sembrava di toccare con mano quegli sguardi. Poi iniziarono i primi scherzi e le prime brutte parole, gli insulti: “Sei una schifosa, viziata, sfigata, brutta!”. Da lì a poco iniziarono pure a darmi spintoni, sgambetti e pugni ovunque. Ormai era diventato il mio tormento. E tutto peggiorava. Volevo urlare ma non avevo un filo di voce come quando manca aria nei polmoni e ci si sente soffocare. Io mi sentivo sempre così ma nessuno ci faceva caso. Quelle risate di scherno erano la colonna sonora delle mie giornate. Un giorno, all’improvviso, arrivò la consapevolezza di essere diventata una vittima per una colpa che non mi apparteneva. Loro ridevano e dicevano: “Questa classe sta meglio senza di te!”. Ma stavolta orgogliosa risposi: “Fa ridere sminuire le ferite degli altri? Farmi sentire una persona inutile? Fa ridere rendere una persona un ammasso di paure e costringerla a camminare con lo sguardo basso? Fa ridere farla sentire sporca? Fa ridere vedermi circondata da persone che ridono di me e non con me? Fa ridere?!” Il mio sfogo li fece riflettere. Il loro gruppo si sgretolò e qualcuno mi venne vicino diventando mio amico. Ora a volte ridiamo insieme.