di Riccardo Nuri –
Erano circa le 19,30 ed io ero nella mia stanza, tranquillamente seduto alla mia scrivania e intento a studiare il “present perfect”, quando qualcuno bussò alla mia porta e, senza attendere la mia risposta, entrò! Credevo fosse mia madre, ma appena mi voltai vidi un essere orripilante, coperto da sproni distanziati tra loro, dall’aspetto viscido, subdolo, con una corona sulla testa (o meglio ciò che mi sembrava essere la testa…).
Mi disse di chiamarsi Virus Corona e che era sua intenzione parlare un po’ con me. Io rimasi senza fiato, con gli occhi sgranati e un lieve respiro, il necessario indispensabile per non crollare a terra, tramortito! Cosa voleva da me? Perché era nella mia stanza? Dovevo fuggire per sottrarmi al suo contagio? Sembrò leggere i miei pensieri e mi tranquillizzò, non voleva contagiarmi, desiderava solo comunicare con un essere umano. “Che fortuna essere il prescelto” pensai sarcasticamente…
Ritornato in me e appropriatomi del mio respiro, gli intimai di andarsene e di non tornare mai più, gli consigliai di ritirarsi, di non andare in giro per l’Italia e per il mondo. Lo scongiurai di lasciare in pace tutta la popolazione e, soprattutto i bambini, gli anziani e tutti coloro che già dovevano confrontarsi con patologie e problemi di salute. Perché doveva essere così crudele? Perché colpire i deboli e gli indifesi?
Volteggiando e muovendosi in maniera spasmodica, sembrava non volesse ascoltarmi, poi, all’improvviso iniziò a trasudare e, mutando il tono di voce autoritario con cui mi aveva precedentemente parlato, si girò verso di me e con voce flebile mi disse “Aiutatemi ad andare via, sono stanco di entrare nei vostri corpi”.
Dopo qualche secondo di innaturale silenzio, continuò raccontandomi che non poteva fermarsi, che veniva, suo malgrado, passato, inviato e inoculato da un essere umano all’altro, senza che potesse opporsi, ribellarsi e protestare. Mi confidò, con tristezza e rammarico, che era profondamente dispiaciuto per tutto ciò che provocava all’interno dei nostri corpi. Dover assistere alle carenze respiratorie, alle elevate temperature, alle insufficienze renali, e a tanto altro…era diventato per lui insostenibile!
Poi si fermò, mi fissò intensamente e mi pregò con forza di essere il suo portavoce ufficiale e di diffondere le sue comunicazioni a tutti, a scuola, in famiglia, tra gli amici. Io rimasi in silenzio, in attesa, poi continuò e mi disse “ Rimanete a casa, evitate i luoghi affollati, mantenete la dovuta distanza, lavate bene e spesso le mani, non toccatevi mai il volto, salutatevi da lontano, senza abbracci, baci e strette di mano, se state male non andate nei pronto soccorsi ma telefonate ai numeri indicati”. Mentre enunciava le sue regole, il suo respiro diventava affannoso, e la sua espressione commossa addolcì i tratti di quel suo strano, bizzarro e grottesco aspetto. Poi volteggiò per la stanza e andò via.
Il mio sguardo ancora incredulo e confuso, cadde sul libro di inglese sul quale stavo studiando, e nel leggere nuovamente “present perfect” pensai che sarebbe stato bellissimo avere un presente perfetto!