Riccardo Nuri –
Era un giorno come tanti, la mattina avevo frequentato la scuola materna e, puntuale, alle 13.00 era venuta mia madre a prendermi per tornare a casa. Una volta terminato di pranzare mi accompagnò, come di consueto a casa dei miei nonni, dove mi divertivo con i miei giochi, i disegni, le chiacchiere con la nonna e, soprattutto, adoravo arrampicarmi di nascosto sulla bellissima poltrona antica che si trovava nel salotto.
Quel giorno però, non ricordo bene come e perché, persi l’equilibrio e scivolando sul pavimento, colpì violentemente il mio sopracciglio sinistro, provocando una lacerazione profonda con conseguente fuoriuscita di sangue. Fu proprio mia nonna che avvertito l’insolito rumore, venne prontamente in mio soccorso, e mi trovò a terra in stato di semi incoscienza e con la guancia insanguinata. Fu quindi avvisata mia madre che, in preda al panico, abbondonò il suo ufficio, e si precipitò a casa dei miei nonni. Andammo tutti insieme al pronto soccorso, poiché mia madre, fortemente preoccupata, non voleva attendere l’arrivo di una ambulanza. Ricordo che in macchina mi cantava una canzoncina e mi pregava di rimanere sveglio, ricordo che mi sorrideva sempre mentre mi diceva che non era nulla, solo un po’ di sangue che, presto, il dottore avrebbe pulito e disinfettato. Arrivati al pronto soccorso, una infermiera nel vedermi, disse che avevo bisogno con urgenza di un medico, iniziò ad agitarsi e a sottolineare che la situazione poteva essere molto seria, fu in quel momento che, per la prima volta, ebbi paura. Ma un medico, dal volto sereno, pacato e sorridente, mi fece l’occhiolino e mi sussurrò in un orecchio “scusala, oggi non ha pranzato e la fame fa brutti scherzi”, poi mi accarezzò i capelli e mi condusse in infermeria, dove pulì la mia ferita con un disinfettante. Dopo aver conversato con mia madre, ritornò verso il mio lettino, avvicinò a sé un tavolino e mi fece vedere un piccolo disegno, mi spiegò che poiché ero davvero un bambino forte, il mio sopracciglio voleva essere alla mia altezza, per cui non gli sarebbe bastato un semplice disinfettante, chiedeva di più! Sarebbe stato quindi necessario portarmi in una altra sala, dove con una bacchetta magica, simile ad un ago molto sottile, lo avrebbe azzittito per sempre. Guardai mia madre che non aveva mai perso il suo sorriso e mi guardava con fiducia. Fu così che stanco di aspettare risposi “Andiamo, prima che chieda ancora qualcos’altro!”. Ricordo una mascherina che sapeva di fragola e poi più nulla…sino a quando risvegliatomi, mi trovai in un letto d’ospedale con accanto i miei genitori e un cerottone sull’occhio. Avevamo messo a tacere quel sopracciglio prepotente!
Questa esperienza, rivissuta adesso, ai tempi del coronavirus, mi fa comprendere come e quanto sia importante essere circondati da persone competenti e sensibili. Per me, gli atteggiamenti, le espressioni, i gesti e le parole di chi mi era intorno, mi ha aiutato ad affrontare meglio la situazione, a non allarmarmi e, quindi, reagire con positività, senza inutili preoccupazioni. Ritengo che per ogni ammalato il modo di agire, la condotta del medico sia fondamentale per il proprio equilibrio, proprio perché il suo supporto e il suo modo di fare gentile e premuroso non fa altro che suscitare pensieri positivi, fondamentali per lo spirito di ogni individuo. E, una volta diventato anche io un medico, mi impegnerò al massimo affinchè i pazienti possano essere il più sereni possibili.