Ancora oggi, nel piccolo paese di Loceri, gli anziani tramandano alle nuove generazioni l’antica leggenda di Maria N’cani e Perdu Coita, due figure antropomorfe, in porfido rosso, che si elevano nel versante sud orientale di Monte Tarè, tra Lanusei e Loceri. La vicenda è ambientata vicino ad un villaggio chiamato Domus Gueni dove viveva una comunità rurale situata nell’attuale località di Goeni. Un documento pisano del 1316 ne afferma la presenza. Fu distrutta durante la guerra tra Visconti e Pisani per il possesso dell’Ogliatra. Maria N’cani e Perdu Coita erano un’ anziana coppia che viveva sulle pendici di Monte Tarè in una capanna. Perdu era un pastore burbero e Maria, che faceva la contadina, era conosciuta per essere una persona avara. Un giorno di una calda mattina d’estate Maria decise di andare nel villaggio poco distante di Goeni per barattare del formaggio con del pane. Partì dalla sua capanna con una cesta in testa con dentro il formaggio. Una volta arrivata al villaggio lo barattò con del pane e si incamminò nuovamente verso il sentiero che l’avrebbe dovuta portare alla sua capanna. Durante il tragitto incontrò un bambino di circa 8/10 anni che piagnucolante e affamato le chiese un pezzo di pane. Maria lo guardò e in modo dispregiativo gli disse in sardo “chi tenis fammini pappadì perda” ovvero “se hai fame mangiati delle pietre”. Il bambino scoppiò in pianto ma Maria continuò il suo cammino come se non fosse successo niente. Quando arrivò da Perdu che pascolava il suo gregge tolse la cesta dalla sua testa, la mise in terra, e mentre faceva vedere a Perdu il pane che aveva barattato gli raccontò del bambino che aveva incontrato lungo la via del ritorno. Perdu le disse che aveva fatto bene a non dargli del pane e così, da quel momento, i due non si scambiarono più alcuna parola poichè per punizione divina vennero trasformati in pietre di porfido rosso. Tutt’oggi le due figure sono osservabili e nè i venti nè le piogge in tutti questi anni hanno mai intaccato il loro aspetto. Questa storia presenta una morale, “S’omini de malu coru non godi mai de is benis susu”, ossia l’uomo dal cuore malvagio non gode mai dei propri beni.