Di Martina De Spirito-3^D-
Gli antichi Romani amavano mangiare, tanto da vomitare durante i loro banchetti per avere il pretesto di mangiare di nuovo.
Era un popolo che attribuiva al cibo un grande valore culturale.
Conosciamo molto bene la cucina dell’antica Roma grazie ad un libro “il De re coquinaria” scritto da Marco Gavio Apicio che era un patrizio romano vissuto durante l’epoca dell’imperatore Tiberio.
Sfogliando il suo ricettario si nota come i Romani privilegiassero il pesce alla carne e come venisse data più importanza al condimento che alla proteina stessa.
I Romani svolgevano tre pasti principali: ientaculum, prandium e cena.
La colazione al primo mattino (ientaculum) avveniva fra le le otto e le nove e prevedeva pane intinto nel vino, olive, uova e formaggio.
Ai fanciulli era riservato il latte accompagnato da brioche fresche, salate, e addolcite col miele.
La colazione di mezzogiorno avveniva attorno a mezzogiorno e si consumava il prantium, uno spuntino fuori porta durante la pausa di lavoro portato da casa o acquistato dai venditori ambulanti e nei locali pubblici.
La cena avveniva fra le 15 e le 17 ed era il pasto principale della giornata.
Nella casa dei ricchi era riservata una stanza particolare: il triclinium che prendeva il nome dai letti a tre posti dove si stendevano i commensali. La cena durava almeno tre ore e prevedeva tre momenti: