di Giulio Armando Palmieri – 3^C –
Orgoglio e Pregiudizio (Pride and Prejudice) è un romanzo della scrittrice inglese Jane Austen, edito nel 1813. E’ considerato una delle opere più significative dell’autrice e probabilmente la più famosa, la più letta soprattutto da intere generazioni di “lettrici”. L’aver poi appreso che alcuni lettori l’abbiano letta e riletta più volte, traendone sempre un inalterato piacere, mi ha incuriosito e alla curiosità si è aggiunto il desiderio di conoscere gli aspetti essenziali della società inglese di fine XVIII ed inizio XIX secolo, di cui Jane Austen è stata un’ottima descrittrice.
In effetti la Austen ci immerge sin dalle prime pagine nella “Gentry”, la società dei piccoli proprietari terrieri del sud dell’Inghilterra, una società molto rigida, codificata, direi, molto patriarcale e apparentemente molto distinta, ma nella quale emergono tratti forti, come la stupidità, l’invidia, la maldicenza, la cupidigia.
La prima famiglia che conosciamo è quella dei Bennet: un marito alquanto cinico e misantropo, ma, a mio avviso, gradevole e divertente; una moglie chiaramente superficiale e un po’ sciocca, agile in società come un elefante in un negozio di porcellana, e cinque figlie tutte da maritare.
E qui bisogna descrivere un particolare della società inglese dell’epoca: in assenza di eredi maschi, tutte le proprietà familiari sarebbero andate in eredità al primo maschio più vicino. Quindi, per una ragazza, in piena società patriarcale e “maschilista”, l’unico modo per assicurarsi un buon avvenire era fare un buon matrimonio.
La famiglia Bennet non aveva avuto figli maschi e per tale motivo l’intera proprietà, venendo a mancare il capofamiglia, sarebbe finita nelle mani di un nipote . Alle figlie non rimaneva altro che sperare di trovare un buon partito e tale speranza guidava, in modo eccessivo, tutte le azioni della signora Bennet.
Immaginate, dunque, il fermento che nasce in seno alla famiglia Bennet quando un giovane gentleman celibe, Mr Bingley, fa la sua comparsa a Netherfield. Se poi aggiungiamo che il giovane è affascinante, ricco e di ottime maniere, non è difficile capire che egli diventa subito l’oggetto di ogni discussione e di tutte le aspirazioni di queste signore.
A questa figura avvenente si aggiunge il suo amico intimo, Mr Darcy, un po’ riservato, brusco e, all’inizio, sprezzante nei riguardi delle signorine estranee alla bella società di cui egli è fiero di far parte. I due protagonisti saranno coinvolti in una storia d’amore con due delle figlie dei Bennet: Jane e Elisabeth, la prima, la maggiore, bella, timida, ponderata, saggia e benpensante; la seconda, sagace, ribelle e, direi, lungimirante e che faticherà a riconoscere l’amore e ad accettare, infine, il matrimonio con Darcy.
Questi i quattro personaggi che mi hanno colpito in modo particolare, chi per simpatia, chi per impatto psicologico. Attorno ad essi ruotano i cosidetti personaggi “minori” che, però, danno movimento al romanzo e suscitano pure un po’ di fastidio: Lydia Bennet, una delle sorelle più giovani, molto leggera e attratta dagli uomini in uniforme; Miss Bingley, una ragazza vanitosa, una piccola peste che gira di continuo attorno a Darcy come una mosca attorno al miele; Lady Catherine de Brough, una donna vanagloriosa intenta a dare consigli a tutti e a mascherare ordini sotto forma di consigli, sicura di essere depositaria del sapere supremo…e tanti altri personaggi minori che, tuttavia, hanno la loro importanza nel romanzo: senza i personaggi scomodi e poco simpatici, la storia sarebbe forse stata un po’ noiosa e avremmo letto il solito romanzo “d’amore”.
Cosa mi è rimasto in particolare di tutta la storia?
Sicuramente una descrizione feroce e allo stesso tempo ironica della società del tempo e la scorrevolezza e la gradevolezza della lettura di un romanzo considerato il primo grande romanzo psicologico della letteratura anglo-sassone e soprattutto il primo capolavoro della letteratura al femminile, per me una vera scoperta.