//#MajoranaDecameron-Le mie letture-3^C-DELITTO E CASTIGO

#MajoranaDecameron-Le mie letture-3^C-DELITTO E CASTIGO

di | 2020-03-19T07:25:07+01:00 17-3-2020 18:45|Alboscuole|0 Commenti
Di Leonardo Giacometti – 3^C-   “La sofferenza e il dolore sono sempre obbligatori per una coscienza ampia e per un cuore profondo. Ho l’impressione che le persone autenticamente grandi debbano provare al mondo una grande tristezza.” Questa è soltanto una delle innumerevoli citazioni presenti all’interno del romanzo “Delitto e castigo”, pubblicato nel 1866 dallo scrittore russo Fëdor Dostoevskij,(Mosca, 11 novembre 1821 – San Pietroburgo, 9 febbraio 1881), considerato uno dei pensatori, scrittori e filosofi più grandi di tutti i tempi. Il romanzo è ambientato in Russia, precisamente a San Pietroburgo, seconda città russa (peraltro federale) per dimensioni e popolazione, con circa 5 milioni di abitanti, nonché il porto più importante del paese, fondata dallo zar Pietro il Grande (1672-1725) sul delta del fiume Neva. Insieme al romanzo “Guerra e pace” di Lev Tolstoj, fa parte dei romanzi russi più famosi e influenti di tutti i tempi. Esso esprime la concezione religiosa ed esistenziale dell’autore, con una focalizzazione sul conseguimento della salvezza attraverso la sofferenza. Il romanzo di Fëdor Dostoevskij è diviso in sei parti, che contengono fra i cinque e gli otto capitoli ciascuna, con un epilogo, diviso in due capitoli. L’intero romanzo è scritto in terza persona,al passato, da una prospettiva non onnisciente, maggiormente dal punto di vista del protagonista, sebbene, durante la narrazione, si sposti brevemente su altri personaggi. La maggior parte della narrazione si svolge nel corso di un’estate particolarmente calda, a San Pietroburgo. Protagonista degli eventi è Rodion Romanovic Raskol’nikov, o semplicemente Raskol’nikov, un giovane studente di 23 anni, di bell’aspetto e condizioni economiche non agiate, che ha deciso di abbandonare il suo percorso di studi in legge più per pigrizia che per mancanza di capacità. La condizione fisica, economica e sociale del protagonista risulta determinante per comprendere, nel corso dell’intero romanzo, i motivi che lo portano a compiere il gesto decisivo che rappresenta il motore narrativo della vicenda: l’omicidio, premeditato, nei confronti di Alëna Ivanovna, una vecchia usuraia, proprietaria, fra le altre cose, della stanza in cui vive Raskol’nikov; e, successivamente, l’omicidio, contemporaneo ma imprevisto, nei confronti di Lizaveta Ivanovna, sorella più giovane dell’anziana donna, ritrovatasi, come si suol dire, “nel posto sbagliato, al momento sbagliato”. All’inizio del romanzo, la scrupolosa preparazione dell’omicidio nei confronti di Alëna ci presenta un Raskol’nikov sicuro, intenzionato a compiere il reato e, soprattutto, motivato da ragioni etiche e di ingiustizia sociale che, nella sua visione, gli permetteranno di riuscire a sopportare le conseguenze delle sue azioni e del suo gesto. Nei capitoli successivi all’omicidio, tuttavia, pian piano, cadono tutte le ferme convinzioni del protagonista, diventato vittima di se stesso. Angoscia, rimorsi, paure, pentimento, tormenti e continue turbe mentali, si uniscono ad una condizione psicologica irrimediabilmente invasa dal timore di dire, fare e pensare qualsiasi cosa, per paura di essere scoperto. Il delitto, infatti, era stato compiuto con la convinzione che fosse per una giusta causa, dato che Raskol’nikov aveva preventivato di utilizzare il denaro e gli oggetti rubati alla defunta usuraia per fare del bene, redimendo la sua colpa. Giorno dopo giorno, invece, si renderà conto di quanto questa condizione lo logori, dando vita a una profonda crisi esistenziale. La colpa si potrà espiare solo attraverso la sofferenza e il dolore più profondi; Raskol’nikov raggiunge questa consapevolezza soltanto molto più tardi. All’origine del romanzo, quindi, vi è la ricostruzione di un evento peccaminoso in grado di generare riflessioni e pensieri estendibili a livello esistenziale, religioso, morale, giuridico, psicologico e anche politico. Dunque, il protagonista scopre il complesso dinamismo psicologico che domina la sua vita, le sue emozioni, la sua passione e le sue colpe, e non riesce a mantenerne il controllo. L’incontro con Sonjia, una ragazza giovane, povera, costretta a prostituirsi per provvedere a sua madre (malata di tisi) e ai suoi fratellastri, ma ricca nell’animo e nel cuore, animata dalla fede profonda e da un amore puro nei confronti di Dio è fondamentale. Attraverso l’amore per lei, Raskol’nikov ritroverà l’amore nei confronti della sua vita, riscoprirà lentamente la sua fede totale nel Signore, deciderà di costituirsi, di scontare la sua pena in Siberia e, soprattutto, di riscattare il suo futuro insieme a Sonjia, pronta a seguirlo dappertutto. Nel frattempo, all’interno del romanzo, sono presenti numerose storie parallele, che si intrecciano con quella principale, aiutandone lo svolgimento. Ogni personaggio rappresenta, in qualche modo, un’idea, un’ossessione, un punto di vista sulle cose: è ideologicamente autorevole, autonomo, indipendente dalla visione dell’autore, che non fa altro che seguirne il naturale sviluppo, senza piegarne la psicologia. Ogni personaggio del romanzo è in una posizione di dialogo aperto con gli altri personaggi, con l’autore e con i lettori: il romanzo è costruito su una pluralità di voci, ciascuna con il proprio spazio e la propria dignità. Naturalmente, il protagonista principale rimane Raskol’nikov, ma all’interno del romanzo emergono molte altre figure. Infatti, la storia di “Delitto e Castigo” ha tre linee narrative fondamentali: oltre alla storia dell’omicidio e della sua espiazione, c’è la storia delle miserie dei Marmeladov, il cui capofamiglia è un disoccupato alcolista; personaggio fondamentale di questo filone e di tutto il romanzo è la figlia di Marmeladov, Sonjia, costretta a prostituirsi, ma piena di una carità cristiana che riuscirà a infondere all’amato Raskol’nikov, aiutandolo a redimersi e ad accettare la Siberia. Una terza linea narrativa segue invece le vicende sentimentali di Dunja, la sorella di Raskol’nikov, di cui sono innamorati Razumichin, amico del protagonista, Lužin, piccolo borghese meschino e maschilista, e Svidrigajlov, pervertito e amorale che, incapace di redimersi, finirà suicida. Naturalmente, le tre linee si intrecciano e i personaggi passano da un piano narrativo all’altro. Parente di Razumichin è Porfirij, il giudice istruttore che incontra tre volte il protagonista e ne intuisce la colpa e il tormento segreti: senza mai accusarlo, ma semplicemente chiacchierando con lui a proposito delle sue idee, lo spinge a liberarsi e a confessare. C’è, infine, un ultimo, grande protagonista: San Pietroburgo, città che Dostoevskij odiava e che fa da sfondo claustrofobico ai deliri e alle miserie di Raskol’nikov e degli altri personaggi. La San Pietroburgo del romanzo non ha nulla della città imperiale: la sporcizia, gli spazi angusti in cui si muovono i personaggi, il disordine sono l’immagine, per così dire, “esterna” della desolazione interiore che abita i personaggi. Uno dei risvolti più interessanti del romanzo si trova nell’analisi del senso di colpa, che diventa una delle caratteristiche di maggiore rilievo nella psicologia tormentata del protagonista. Dopo il delitto, il giovane sprofonda in uno stato febbrile e allucinatorio, che lo prostrerà profondamente, fino a condurlo negli abissi di una profonda angoscia. Il senso di colpa si insinua in lui, diventando sempre più pulsante, giorno dopo giorno. A nulla valgono i ragionamenti e i pensieri razionali. Il senso di colpa che tormenta Raskol’nikov è talmente forte da farlo vivere in una situazione mentale annebbiata, priva della lucidità che aveva caratterizzato, in precedenza, il ragazzo. La colpa non produce solo agitazione psichica e malessere somatizzato, ma diviene fonte di una profonda solitudine, di un isolamento necessario a prevenire la possibilità di essere scoperti da qualcuno. La svolta, a questa situazione di disperato stallo, arriverà da Sonjia, piena di puro amore cristiano. Sarà grazie a lei che Raskol’nikov prenderà pienamente coscienza di sé e capirà che l’unico modo per superare l’angoscia opprimente, che si è impadronita di lui, è la fede e il pentimento. La vera rivincita, davanti all’errore, è quella di ammettere le proprie responsabilità e di farsene carico. Il capolavoro di Dostoevskij invita a una riflessione profonda e a prendere coscienza dei propri errori e delle proprie paure. Il lettore può comprendere, nello sfaccettato mondo psicologico che ci viene presentato, che l’animo umano è molteplice: l’intelligenza, la capacità di chiedere perdono, i sentimenti positivi fanno parte dell’animo umano tanto quanto l’individualismo, l’egoismo e l’errore.