Di Lorenzo Mancini 3^D-
Nella nostra carriera scolastica, ci siamo ritrovati svariate volte ad analizzare opere di autori del passato.
Non c’è bisogno di essere grandi filosofi per riconoscere il grande potere della Letteratura. Un semplice appassionato di lettura sa che fra le pagine stampate c’è qualcosa di determinante, un fattore che rende il libro un oggetto non solo attraente ma anche fondamentale per colmare un bisogno esistenziale.
Nonostante si dica che la Letteratura ha un potere consolatorio, che offre conforto, se consideriamo la “consolazione” secondo la sua etimologia, ovvero come un’azione solidale che allevia le sofferenze e distoglie dalle preoccupazioni, non ha, per così dire, una funzione consolatoria la letteratura.
La poesia di Leopardi non consola e Shakespeare vuol fare tutt’altro che distoglierci dal tormento che anima la vita interiore di ogni essere umano. La Letteratura non offre ciò che, per definizione, offre una consolazione. La Letteratura non offre risposte. Al contrario, la Letteratura pone valanghe di interrogativi, insinua dubbi profondi, annienta le certezze, rovescia qualsiasi appiglio positivo.
Ma il potere della Letteratura non sta nella consolazione, nel farci trovare delle conclusioni rasserenanti. La Letteratura consola in un modo diverso,facendoci prendere coscienza delle nostre difficoltà, dei nostri limiti, delle nostre risorse, del nostro modo di guardare le cose. Obbligandoci a riflettere, i libri ci fanno esercitare e ci rendono al contempo consapevoli che quasi mai possiamo dare una definizione univoca della realtà. Il che, come ci hanno insegnato i grandi autori del secolo scorso, non è affatto consolatorio.