di Leonardo Giacometti – 3^C – All’incirca sessantamila anni fa, l’inizio dell’appropriazione della cosiddetta “intelligenza sociale” portò gli uomini a dotarsi di un cervello sempre più grande. La domanda che sorge spontanea è: perché, nonostante tutte le scoperte e le esperienze effettuate dalla nostra specie nel corso dei millenni (tra le quali, ad esempio, il fuoco, forse la più importante, così come molte altre), soltanto a questo periodo di crescita dei rapporti sociali si può ricondurre un netto ingrandimento del cervello?
Ebbene, a partire da quel periodo, questa forma di intelligenza può essere considerata (soprattutto nella società dei giorni nostri) un carattere essenziale degli aspetti distintivi e specifici degli esseri umani.
Ora sarebbe opportuno determinare la definizione propria e precisa del termine “intelligenza sociale”. Quest’ultima potrebbe essere definita come la capacità di mettersi in relazione con le persone in modo concreto, efficace ed efficiente, di esprimersi in maniera adatta nei differenti contesti (interpretando situazioni, persone e discorsi) e di condividere e comprendere pensieri, emozioni e sensazioni che chi ci circonda prova in un preciso momento della sua vita.
Sembrerebbe un concetto davvero complicato da capire al meglio; tuttavia ci sono infinite e differenti situazioni pratiche, presenti nella vita quotidiana, tali da favorire la comprensione di questa espressione.
Per esempio, una di queste innumerevoli situazioni è la scuola, in cui tutti (o almeno tutti quelli che hanno la fortuna e la possibilità di farlo) si imbattono fin da quando sono piccoli. Infatti, nell’ambiente scolastico, un particolare rilievo è ricoperto dalle interazioni sociali con i compagni della propria classe e del proprio Istituto. In quest’ambito, è certamente necessario, mediante l’ascolto e l’interpretazione emotiva delle parole e dei gesti altrui, riuscire a collaborare e aiutarsi vicendevolmente, cercando di creare un luogo di tranquillità ed empatia reciproca. Questa capacità diventa di cruciale importanza a partire dal terzo anno delle scuole superiori, con l’introduzione dell’Alternanza Scuola-Lavoro, o PCTO (Percorso per le Competenze Trasversali e Orientamento), in cui è indispensabile saper lavorare efficientemente in un gruppo, al fine di raggiungere un obiettivo comune.
Inoltre, quest’intelligenza sociale possiede un valore significativo nello sport (specialmente negli sport di squadra, ma anche in quelli individuali, attraverso, per esempio, l’intesa con il proprio staff tecnico), nei rapporti familiari, d’amicizia e, nell’ipotesi (sfortunata oppure fortunata che sia, a seconda dei punti di vista) in cui si abbia una relazione amorosa.
Tuttavia, alcune volte, certe persone non riescono a esprimere al meglio delle loro possibilità questa forma di intelligenza, finendo per escludersi dalle relazioni sociali con gli altri. Questo porta ad episodi di emarginazione, indubbiamente aggravati dall’incomprensione da parte degli individui vicini a loro.
Dunque, l’intelligenza sociale si trova al centro dell’intera società (intesa come comunità) e svolge una funzione regolatrice delle interazioni sociali. Del resto, come era solito dire il filosofo sofista Protagora, “L’uomo è misura di tutte le cose”, che sottintende un esagerato individualismo, collegato, però, anche in parte, a un senso comunitario e universale.