//L’uomo e gli alieni: finzione o realtà?

L’uomo e gli alieni: finzione o realtà?

di | 2024-11-18T12:01:56+01:00 18-11-2024 12:01|Alboscuole|0 Commenti
di Aurora Del Biondo classe III A Scuola Secondaria di I grado “Umberto I” di Lanciano (CH) Dagli albori della storia l’uomo è sempre stato ossessionato da una tematica: l’altro, ciò che è diverso da sé. Qui è racchiusa la ragione dell’attrazione e del timore per l’alieno, per ciò che arriva da mondi sconosciuti: in fondo nell’immaginario collettivo dal Cielo può arrivare tanto la Salvezza quanto l’Apocalisse. Già l’etimologia di questa parola ci rende bene questo concetto: deriva infatti dal latino alienus ovvero straniero, estraneo, ma anche avverso. Se dovessimo rappresentare come l’uomo abbia vissuto questo rapporto, non possiamo fare altro che rivolgerci al cinema che è la massima espressione di un percorso di conoscenza del mondo alieno da parte delle masse. Qui, infatti, è massima la rappresentazione visiva tanto dell’alieno privo di sentimenti e invasore, quanto di una civiltà lontana desiderosa di contatto. In un certo qual modo è quasi una metafora del contatto che abbiamo con gli altri a volte per noi alieni, percepiti come pericolo, ma anche fonte di desiderio e attrazione. Nel cinema l’alieno è quasi sempre il mezzo per mettere in scena i timori di un’epoca. Così negli anni ’50, in piena guerra fredda, la cinematografia dà voce all’incubo di un nuovo conflitto che vive nel ricordo della Seconda Guerra Mondiale. I film dell’epoca, prevalentemente americani, rappresentavano il mondo alieno come crudele e invasore quasi a neutralizzare e sminuire la corsa allo spazio che i sovietici avevano già iniziato. È negli anni ’60 invece che il cinema occidentale si avvicina all’universo anche perché la distanza fisica tra l’uomo e il cielo si accorcia con l’allunaggio del ’69. L’uomo sulla Luna conquista un nuovo territorio e nella sua posizione da dominatore sente lo spazio come un territorio sconosciuto, ma come qualcosa che può essere domato dalla scienza e dalla tecnologia. Non mancano però dei messaggi di allerta nei confronti dell’alieno: “Odissea nello Spazio” di Kubrick mostra per la prima volta lo scontro tra computer e uomo, il primo conflitto con l’IA, e “Il pianeta delle Scimmie” ci porta in un mondo governato dalle scimmie dove gli uomini sono sottomessi, perché responsabili della distruzione del proprio pianeta quasi a suggerirci il pericolo nucleare, espressione del male per un’epoca che stava per accogliere i movimenti pacifisti. In maniera embrionale troviamo già le moderne tematiche della gestione dell’IA e della salvaguardia ambientale che si svilupperanno fino ai giorni nostri. Dagli anni ’70 invece la rappresentazione dello spazio altro non è che la rappresentazione del mondo trasposto e idealizzato nel futuro diviso e combattuto tra bene e male come in Guerre Stellari (siamo negli anni della guerra in Vietnam) , nonché la rappresentazione della necessità dell’integrazione con il diverso come ci dimostra il Messaggio di Arecibo del 1974, un messaggio in linguaggio binario lanciato nello spazio come primo tentativo di contatto con le civiltà aliene, la meravigliosa amicizia tra ET ed Elliot o la segreta collaborazione tra governi e alieni nella più recente serie “Men in Black” dove entrambe le parti lavorano per mantenere la pace non più solo sulla Terra, ma in tutto l’Universo. In un certo senso non è più la galassia a inglobare la Terra, ma la Terra a globalizzare l’universo e a immetterla nella propria scala di valori. Il cinema, però, è solo l’ultima tappa di una ricerca già presente nella letteratura da Platone a Plinio fino a Wells ne “ La guerra dei mondi” del 1898 che è il prototipo delle storie di invasione aliena per arrivare ai fumetti come Superman o Flash Gordon, eroe divisi tra natura umana e aliena. Gli alieni, infatti, non sono solo invasori, ma secondo questa visione, vivono presumibilmente tra noi e secondo molte teorie fin dall’antichità: vi sono luoghi come l’Egitto e le sue Piramidi, l’isola di Pasqua o Nazca e le sue linee che fanno pensare a un contatto presente da sempre forse quasi un contatto creatore del genere umano che periodicamente permette degli “incontri ravvicinati del terzo tipo” in stile Spielberg. Suggestivo di questo contatto è l’aria di mistero che avvolge negli Stati Uniti la cosiddetta Area 51 che, secondo i cospirazionisti custodirebbe i corpi degli alieni morti nello schianto di un’astronave vicino Roswell, in New Mexico nel 1948, ma tale episodio è frutto solo di fantasia. In realtà questa era un’area che il governo statunitense usava per testare durante la guerra fredda le nuove tecnologie contro l’Unione Sovietica. Anche l’arte ci offre testimonianze di possibili contatti. Abbiamo addirittura una “Madonna con Bambino e San Giovannino” che si trova a Palazzo Vecchio a Firenze che è detta “Madonna dell’UFO”. L’opera infatti mostra la presenza di un oggetto aereo di color grigio piombo di forma ovale e dotato di una torretta che appare in volo. Vi è anche un pastore con il proprio cane che guarda verso l’oggetto volante misterioso. Ancora più particolare è uno dei pannelli della Pala Colonna, conservata al Museo di Capodimonte a Napoli, rappresentante il miracolo della neve a Roma nel mese di agosto che porterà in quel luogo all’edificazione della Basilica di Santa Maria Maggiore: alle spalle del soggetto principale dato da Papa Liborio e dal popolo romano si staglia una flotta di UFO di cui quello in primo piano trasporta il Cristo e la Madonna che osservano la scena dall’alto. Tutte queste evidenze però non hanno una connotazione scientifica, ma denotano l’inestricabile rapporto tra l’uomo e l’alieno, tra il noto e l’ignoto. Se, però, guardassimo con occhio attento il film ET, vedremmo che ET, come il bambino Elliot, sono caratterizzati dalle stesse cose: il cuore che palpita grazie ai sentimenti di chi ci ama, la necessità della comunicazione data anche da un semplice telefono giocattolo e il bisogno della propria casa in qualunque universo sia. Gli alieni non sono altro che la parte più sconosciuta di noi stessi che proiettiamo fuori di noi. Questo stimolo, però, seppur irrazionale, guida la ricerca e la scienza e ci permesso nei secoli di migliorare il cammino dell’uomo e le sue conoscenze: l’uomo infatti diventa tale quando volge lo sguardo al cielo stellato sopra di sé per vedere ciò che in dentro di sé, come ci ha fatto comprendere il filosofo Kant che infatti non escludeva una vita nell’universo.