di Andrea Cresci – L’umano arriva dove arriva l’amore: è questa la risposta che Italo Calvino trova a tutti i suoi interrogativi nella sua opera ‘La giornata d’uno scrutatore’, che viene pubblicata nel 1963 dopo una gestazione decennale.
Il lungo periodo di stesura del libro è, probabilmente, dovuto alla crisi interiore attraversata da Calvino in quegli anni, che riguardò soprattutto il suo impegno politico. Il romanzo è caratterizzato da un’intensa riflessione sul senso dell’umano e da una breve testimonianza di una periodo della storia del nostro paese.
In quest’opera, che viene spesso definita autobiografica, l’autore veste i panni di Amerigo Ormea, intellettuale comunista nominato scrutatore al Cottolengo, celebre istituto religioso di Torino che accoglieva persone affette da minorità, deficienze e malformazioni.
Amerigo parte con lo scopo di controllare la correttezza delle votazioni, ma l’incontro con il dolore e le deformità scuote fortemente il suo animo e sposta la sua attenzione sui limiti dell’umano.
E’ la vista dei malati del Cottolengo che mette in crisi i valori di Amerigo e fa nascere in lui degli interrogativi sul senso dell’arte e della cultura in un mondo in cui sono presenti esseri deformi, che nessuna opera d’arte o nessun politico potrà salvare. Amerigo è, quindi, travolto da un’enorme crisi spirituale; si chiede che senso abbiano cose come la polemica reazionaria, le lotte per la democrazia e il concetto d’uguaglianza per queste persone che, pur vivendo in ‘un’altra città’, ne vengono coinvolte; si domanda che senso abbia l’umano e quali siano i propri limiti, appunto perché non capisce come, dinanzi a tutto questo dolore, una persona possa riuscire a non arrendersi.
E’ una scena apparentemente poco significativa che dà ad Amerigo tutte le sue risposte, la scena di un padre contadino che passa la domenica ad osservare il figlio malato mangiare delle mandorle, mentre lo guarda intensamente negli occhi. Calvino fa un paragone fra una suora, che ama tanto i malati che accudisce e dà loro tante attenzioni, e il contadino: la prima fa questo per sua scelta, è lei che ha scelto la missione di dedicare la propria vita agli umili; il contadino, invece, non ha scelto di stare lì, non ha voluto quel legame che lo porta a trovarsi in quel luogo di dolore, non è quella la sua vita, eppure ogni domenica abbandona la sua quotidianità per veder “masticare” il figlio. Così Calvino capisce che questo è l’amore e, quindi, che ‘l’umano arriva dove arriva l’amore’.