Nelle competizioni nelle quali il peso è importante, come MotoGp, Go kart, ma soprattutto in quelle nelle quali esso è determinante, ovvero negli sport di resistenza, come la corsa, o, ancor di più, il ciclismo, possiamo vedere come il fisico dei campioni sia tirato. Un esempio lampante è quello di Chris Froome, alto 1,86 centimetri, che pesa solo 66 kilogrammi. Il motivo è semplice: meno si pesa e più si andrà forte, a parità di potenza espressa, in salita. È fisica. Negli ultimi anni i grandi giri, primo fra tutti il Giro d’Italia, prevedono sempre più lunghe salite, e quindi premiano i corridori magrissimi e non magari un atleta con una muscolatura più definita. Questi, invece, ha la meglio in pianura, dove conta per lo più la potenza, e non il rapporto peso/potenza, dato che non c’è da lottare con la forza di gravità. Un altro esempio è quello di Valentino Rossi, 181 centimetri e 69 kilogrammi di peso. Di certo non si tratta di un caso estremo: è più basso di 5 centimetri di Froome e pesa 3 chilogrammi in più, proprio perché nella MotoGp conta moltissimo la tecnica di guida; è là che si guadagnano decimi, se non secondi, a giro. Qualche kilogrammo in meno può essere un vantaggio, ovviamente, ma non come nel ciclismo. Anche nel MMA, gli atleti che devono rientrare entro una categoria di peso portano al limite il proprio fisico in un percorso di disidratazione e di diete molto pericolose. È chiaro che in queste discipline una maggiore massa è vantaggiosa, ma agli atleti conviene rientrare nella categoria inferiore di peso.
Sono convinto che la vera essenza delle competizioni sia il talento naturale; snaturarlo non ha senso e rovina la spontaneità delle imprese dei campioni.