L’otto marzo si festeggia la giornata internazionale dei diritti della donna. Il gruppo Biblioteca Sensale ha intervistato Daniela Brogi, professoressa di Letteratura Italiana Contemporanea all’ Università per Stranieri di Siena, critica letteraria e cinematografica, autrice di saggi e monografie. Abbiamo letto, con interesse, il suo ultimo libro: “Lo spazio delle donne”, edito da Einaudi.
1.D. Che cosa rappresenta e che cosa dovrebbe rappresentare per lei la giornata internazionale della donna?
Anche se spesso è stata malintesa e trasformata in una specie di Carnevale, la Giornata internazionale dei diritti della donna è una ricorrenza civile, vale a dire un tempo “pubblico” e “collettivo” in cui, non come singoli individui, ma come componenti di una comunità cerchiamo di dare più visibilità e valore non a una situazione affettiva personale (come la Festa del Papà o della Mamma, per esempio), ma a un principio di democrazia, ovvero la lotta contro le discriminazioni e alle violenze contro le donne (e di conseguenza contro ogni altra forma di discriminazione). Non è, insomma, un giorno in cui festeggiano le donne e basta; è una ricorrenza che ci ricorda che la libertà, in una democrazia, non è un fatto singolare ma plurale.
2.D. Leggendo il suo libro: “Lo spazio delle donne”, siamo stati molto colpiti da alcune sue affermazioni, tra cui la più importante è la seguente: il laboratorio sociale dove sperimentare e verificare la tenuta di un modello laico di società multiculturale antisessista e democratica è la scuola. Riguardo all’argomento, che cosa pensa della situazione scolastica odierna nel nostro paese? C’è ancora troppa disuguaglianza di genere nella scuola italiana?
La scuola è uno degli spazi più importanti nella vita di una persona. È lo spazio dove davvero si conquista una storia e una vita propria – anche al di fuori della famiglia; dove si fanno incontri che segneranno il nostro destino; dove studiamo libri che cambieranno la nostra esistenza, grazie alla guida di docenti che rimarranno sempre con noi. Non conosco nessuno che non porti con sé, anche a distanza di anni, di decenni, l’impronta culturale e umana che ha lasciato nella sua vita la scuola. Proprio per tutto questo, una società è tanto più progredita quanto più si prende cura della scuola, che è uno spazio, fisico, sociale, simbolico, dove la libertà più importante (so che potranno sembrarvi parole strane, ma credetemi, ve le dico per il grande rispetto che ho per le vostre persone), la libertà più importante da conquistare è capire che lo studio è un “diritto” ma anche un “dovere” verso sé stesse e sé stessi, perché è un modo di farsi bene. È come se voi teneste per mano chi diventerete nei prossimi anni. Dunque la scuola è l’ambiente dove si diventa umani in relazione agli altri e alle altre. Avere attenzione, dentro la scuola, per le questioni dedicate al riconoscimento delle identità e delle uguaglianze, oppure alla lotta contro la violenza bullista, è anche un modo per costruire ponti: tra di voi e gli altri, tra di voi e il mondo fuori.
3.D. In un mondo ideale, le donne che scrivono dovrebbero avere la stessa importanza degli uomini che scrivono. Tuttavia, a lungo le donne, come lei afferma nel suo libro: Sono state addestrate a non avere talento. Sono state dimenticate, silenziate, messe fuori… Molte scrittrici sono state costrette a scrivere sotto mentite spoglie: Jane Austen, George Sand, le sorelle Brontë. Che significa oggi essere scrittrice? Quanta fatica le è costato scrivere il suo libro?
Questa domanda mi emoziona, perché immagino che l’abbia pensata una persona tra i quindici e i diciotto anni, perciò mi immagino che ci potrebbe essere, a rivolgermela, una specie di me sedicenne. Guardo quella persona di allora, quella piccola me, come se ce l’avessi davanti, e le dico: sì, è costata fatica, soprattutto perché quando ero giovane avevo molte insicurezze, in parte dovute al mio carattere, alla mia storia individuale, ma in buona parte anche dovute all’ambiente sociale circostante, che era fatto di tante narrazioni sessiste, e che mi faceva naturalmente pensare, senza che me ne accorgessi, che le donne, le ragazze, contassero meno (quando parlavano, quando progettavano la loro vita futura). Dunque, per tornare alla domanda, rispondo: è costata fatica, lavoro, a volte anche amarezza perché le cose importanti di solito non succedono subito (ascoltate, se vi va, la canzone di Ivano Fossati La costruzione di un amore, che è perfetta per capire quanto le cose belle richiedano attenzione, fatica). Ma sentivo di volerlo e doverlo fare proprio perché volevo parlare soprattutto alle persone giovani. Ecco, rispondere a queste vostre domande mi fa sperare di esserci riuscita. E vi ringrazio.
Gruppo Biblioteca Sensale, Marzo 2022.
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