Tante sono le teorie riguardanti “la leggenda di Atlantide”, l’isola leggendaria che fu citata per la prima volta dal famoso filosofo greco Platone all’interno dei suoi libri. Egli descrisse quest’ultima come una grande nazione marinara molto ricca. Era situata, secondo il filosofo, al di là delle “Colonne d’Ercole”, oggi conosciute come l’attuale distretto di Gibilterra, che si estende fino all’Egitto e all’Etruria. Abbondava di una moltitudine di risorse naturali: pietre e metalli preziosi, legname, ortaggi ed erbe. Circondata da innumerevoli e imponenti montagne, veniva riparata dai più forti venti. Con i più bei paesaggi Atlantide era colorata dalla leggiadria della natura. Secondo gli scritti di Platone ad Atlantide, sulle dieci regioni in cui era divisa l’isola, regnavano 10 re discendenti da Poseidone, che collaboravano tra loro con grande serenità. Il nome dell’isola deriva da quello di Atlante, figlio di Poseidone, che sarebbe stato, sempre secondo Platone, il primo re dell’isola, che ottenne il titolo di “leggendario re dell’oceano”. Però, con il passare dei secoli, i re, o gli dei governatori di Atlante persero di vista i principi di giustizia ed equità e si disonorarono attraverso l’egoismo: “Quando però la parte di divino venne estinguendosi in loro, mescolata più volte con un forte elemento di mortalità e il carattere umano ebbe il sopravvento, allora, ormai incapaci di sostenere adeguatamente il carico del benessere di cui disponevano, si diedero a comportamenti sconvenienti”. Il picco che portò alla sua distruzione fu la guerra contro Atene. Atlantide cercò senza successo di invaderla procurandosi l’ira di Zeus che si manifestò attraverso Poseidone. Atlantide sarebbe sprofondata “in un singolo giorno e notte di disgrazia”. Terremoti e tsunami si abbatterono sull’isola-continente, i suoi territori sprofondarono. Restò solo un ammasso di fango che rese le acque impraticabili. Platone, con i suoi scritti, alluse a delle possibilità sulla collocazione di questa isola leggendaria in diverse parti del mondo, ma una delle più conosciute è la nostra Sardegna. Nelle sue opere descriveva Atlantide come “un’isola grande più della Libya e dell’Asia posta al di là delle Colonne d’Ercole “, i cui abitanti erano “costruttori di torri ed erano devoti al dio Poseidone”; una terra “ricca di acqua e foreste e dal clima dolce, al punto tale da rendere possibili più raccolti all’anno”, ma anche “ricca di minerali e metalli usati per edificare mura protettive concentriche”. Per gli antichi la Sardegna era più avvincente e grande della Sicilia. In Sardegna si facevano tre raccolti l’anno e il clima era ed è tutt’ora eccezionalmente mite. C’erano e ci sono ancora oggi foreste maestose e acqua in abbondanza, c’erano diversi materiali come piombo, zinco, argento e la società era dedita alla metallurgia fin dal principio. Lì vivevano i Thyrsenoi, i Tirreni, cioè i “costruttori di torri”, i nuraghi. Proprio su quest’ultimo punto si basa la teoria. Dalle fotografie aeree si può affermare che la maggior parte dei nuraghi situati nelle quote più basse sono, per la maggior parte, ricoperti da fango. Ciò è ricollegabile al possibile e tragico tsunami di proporzioni bibliche che avrebbe colpito la Sardegna, distruggendo porti e città, decimando la popolazione e portandola di fatto all’estinzione; sorte molto simile a quella del popolo Atlantoideo, cui Platone, fa riferimento nei suoi scritti. Il mistero di Atlantide è circondato da innumerevoli storie e racconti, supposizioni ricavate da antiche fonti storiche, ma se la leggendaria e misteriosa isola di cui tutti parlano, giacesse proprio sotto i nostri piedi?