Mariagrazia Abruzzese – Sono Harry ho 30 anni, sono un investigatore privato e per arrivare a risolvere tanti misteri ho dovuto frequentare vari corsi di perfezionamento per diventare quello che sono. Sono molto alto, magro, ho i capelli e gli occhi castani. Coloro che non sanno il mio segreto, non mi reputerebbero un investigatore. Durante il giorno esco e corro, non ho un luogo preciso, corro per le piazze del mio paese, vado al parco, vado al bosco e mentre corro ascolto e osservo. Non sono un tipo da pipa, non sono un tipo da cappotti lunghi, non sono un tipo da baffi, sono un investigatore “nuovo”, un investigatore sportivo, una persona socievole ma che quando svolge il suo lavoro non scherza. Quando devo risolvere un mistero, resto ore e ore chiuso in studio, bevo tanto caffè e non voglio che nessuno cancelli il minimo indizio trovato. Seguo i miei casi con gli accessori di un runner comune: cuffie truccate (che agli altri danno l’ impressione che ascolto musica, invece ascolto ciò che dicono) e orologio con telecamera incorporata al posto del contapassi. Mia madre è un insegnate, mio padre un operaio, sono diventato investigatore per caso, anzi non per caso, quando avevo 12 anni amavo guardare LUPIN, non perdevo un episodio e lì c’ era l’ ispettore ZENIGAGA che non riusciva mai ad acciuffare Lupin.
Ah, quanto vorrei ritornare bambino!
Al contrario di ZENIGADA, io spero di essere più caparbio e di trovare meno ladri o assassini esperti quanto Lupin. Sono sposato e ho un bambino di 5 anni e spero che mio figlio da grande segua la mia stessa strada. Ora vi racconterò il primo caso che ho risolto…
Era sabato e come tutte le mattine mi svegliai di buon ora per andare a fare una bella corsa; presi le miei cuffie e il mio orologio, salutai mia moglie e uscii. Quel giorno scelsi di correre nel parco, vicino al teatro CICERONE. Quando passai di lì vidi tanti uomini, porte aperte e strumenti che venivano trasportati all’ interno. Mi incuriosii e chiesi che cosa stesse succedendo ad un operaio che stava trasportando una cassa acustica, lui mi rispose che quella sera si sarebbe esibito un pianista francese, di cui io ero un grande fan, perché la sua musica mi aiutava durante i casi più difficili. Decisi in quel momento che ci sarei andato, non potevo mancare.
Erano le 20:00, mi ero preparato e con mia moglie ci incamminammo verso il teatro. Arrivati notammo che tutto era perfetto, c’erano tante persone entusiaste, il sindaco era in prima fila e il musicista era sul palco a provare prima dell’ esibizione. Era un uomo robusto, senza capelli e sembrava una persona buona e gentile.
Il concerto era iniziato da poco, quando ad un tratto il pianista si accasciò sul pianoforte e lo spartito cadde a terra.
La gente correva, nella sala urla e panico totale, le luci si accesero, e in un battibaleno la sala si svuotò. Poco dopo arrivò l’ ambulanza, i dottori accertarono la morte e non spostarono il corpo da lì perché sarebbe arrivata la polizia per le indagini. Io mi avvicinai e notai che sullo spartito c’erano delle macchie rosse, ma non era sangue.
Decisi di interrogare i collaboratori e il direttore del teatro. Chiesi che cosa fosse successo prima dell’ esibizione dietro le quinte e mi raccontarono che non avevano visto nulla. Solo un uomo, di giovane età, si fece avanti e disse: “Prima del concerto, il sindaco e il pianista avevano brindato con del vino rosso francese, sentii che erano felici, parlavano dei concerti e del successo del pianista e sentii che il sindaco voleva una parte degli incassi, dal tono, sembrava scherzoso. Il pianista, però non era d’accordo perché prendeva quelle battute come minacce non volendo dividere con nessuno i suoi compensi. Ha addirittura minacciato il sindaco di rendere pubbliche queste richieste”
Trovai la bottiglia di vino nel camerino e risalii al venditore di essa. Portai la bottiglia e lui mi confermò che era un vino che vendeva solo lui in tutta la città. Annusando la bottiglia, sentii uno strano odore e che non era di vino. Il giorno dopo feci analizzare da un mio carissimo amico la bottiglia e mi confermò che qualcuno, come aveva detto il medico, aveva avvelenato il musicista con del veleno in polvere. Andai dal sindaco con la scusa di capire se il musicista fosse morto oppure no e gli chiesi se sospettava qualcosa o qualcuno. Gli chiesi anche se fosse stato lui a comprare la bottiglia di vino che avevo trovato nel camerino, ma lui, credendo che nessuno l’ avesse visto, mentì rispondendo che aveva visto uno degli operai brindare con il musicista. A quel punto feci entrare i poliziotti, il venditore e i testimoni che avevano visto il sindaco nel camerino a bere con il musicista. Non aveva più scampo e fu costretto a confessare sentendosi stretto in un angolo. Aveva avvelenato il musicista per invidia perché questi guadagnava più di lui.